martedì 13 dicembre 2011

Tavolo della pace: ecco chi non ci sarà


Ufficialmente la tavolata sarà a nove posti con Moratti e Agnelli seduti ai due capi e in mezzo tutti gli altri a cercare di fargli fare pace, pronti a scattare se a uno dei due dovessero scappare le due paroline magiche: "scudetto 2006". Tavolo apparecchiato per le nove di mattina così da prendersi tutto il tempo necessario per "chiudere definitivamente discussioni, corsi e ricorsi" come ha fatto sapere il presidente del Coni che è anche padrone di casa e che dovrà districarsi tra veti e minacce perché il tavolo della pace non si trasformi in una Caporetto del calcio italiano. 

Che le posizioni siano distanti non lo nasconde nessuno. Moratti non accetterà di mettere in gioco le sentenze del 2006 a partire dall'assegnazione dello scudetto. Agnelli vuole partire proprio da lì e subisce le pressioni della piazza che gli chiede di non cambiare strategia. Abete vorrebbe parlarne ma non può per non smentire le decisioni prese in luglio sulla non competenza della Figc. Della Valle ha il dente avvelenato con Moratti ma la sentenza di Napoli lo ha azzoppato non poco nelle motivazioni. Galliani cerca di capire l'aria che tira e De Laurentiis si è praticamente autoinvitato. 

Pronostico facile facile: o Petrucci, che ha trascorso le ultima settimane al telefono, trova qualche sponda disinteressata o sarà difficile anche se il resto dell'agenda - Calciopoli a parte - è tutt'altro che disprezzabile a partire dalla riforma della legge 91 sul professionismo per proseguire con stadi di proprietà, spartizione dei diritti tv e protezione del merchandising. Proprio per questo a far rumore sono soprattutto quelli che domattina, mentre i magnifici nove si siederanno al tavolo apparecchiato da Petrucci, al massimo scenderanno a far colazione al bar sotto casa. Molti presidenti, Cellino e Zamparini in testa, lo hanno detto apertamente. La Lega Calcio abbozza ma non gradisce. Il timore è che gli equilibri del nuovo calcio possano essere scritti in un circolo ristretto cosa che in passato ha portato più guai che soluzioni come accadde con la scelta del doppio designatore per non scontentare nessuna delle 'sette sorelle' di inizio anni Duemila. 

Se, invece, si parlasse davvero di Calciopoli e di quanto accaduto nell'estate del 2006, allora Petrucci ha ancora poche ore di tempo per allungare la lista degli invitati. All'elenco mancano infatti alcuni personagi imprescindibili. Ad esempio bisognerebbe sentire anche Cellino, Campedelli, Foschi, Gasparin, Governato, Spinelli e Corsi, finiti insieme a Facchetti e Moratti nelle 72 pagine della requisitoria senza replica del procuratore Palazzi. Oppure Lotito, Gazzoni Frascara, Foti e il Brescia. E un angolino andrebbe riservato, perché no?, anche a Luciano Moggi e al suo consulente Nicola Penta, l'unico a poter dire di aver sentito con le sue orecchie (quasi) tutte le 170mila telefonate contenute negli atti della Procura di Napoli. Cosa contengono che ancora non è stato distillato ai giornali? 

Oppure si potrebbe invitare Cosimo Maria Ferri, nome sconosciuto ai più e figura chiave dei processi sportivi di cinque anni fa. Era un dirigente della federazione, teste chiave per valutare il presunto illecito tra Della Valle e Lotito, la cui memoria fu azzerata dalla decisione di abbandonare il mondo dello sport. Una sorta di prescrizione di cui si lamentarono anche i giudici della Corte Federale scrivendo che con il suo silenzio "era venuto a mancare al processo un prezioso contributo probatorio". E perché non chiamare anche Guido Rossi, all'epoca commissario straordinario della Figc, per chiedergli del comunicato stampa con cui ufficializzò la consegna dello scudetto all'Inter e che ha recentemente definito con eleganza "stronzate" i tentativi di riscrivere il capitolo. 

O Francesco Saverio Borrelli e lo stesso Palazzi per dirimere una volta per tutte il mistero delle telefonate di Facchetti che c'erano o non c'erano già nel 2006. Il rischio è che più che un tavolo si finisca col dover prenotare un ristorante intero. Davvero troppo anche per Petrucci già condannato a una missione impossibile: far stare seduti Agnelli e Moratti senza che l'incontro della pace si trasformi in un lancio di posate. Difficile. Quasi impossibile.

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