giovedì 29 dicembre 2011

Pato, il potere degli emiri e la nostra crisi: Bronzetti fa le carte al mercato di gennaio


di Giovanni Capuano

La telefonata lo raggiunge a Parigi mentre sta per andare a cena con Carletto Ancelotti, l’uomo del giorno nella capitale - per un giorno - del calcio europeo. Ernesto Bronzetti è l’osservatore ideale per capire cosa sta succedendo al Milan e non solo alla vigilia di un mercato di gennaio che si annuncia di vacche magre. Pato sul mercato è uno choc per i tifosi milanisti e anche Ancelotti prossimo tecnico del Psg è una novità impossibile da prevedere solo pochi mesi fa quando si favoleggiava di un suo ritorno in Italia. “Certo che non ha scelto una sfida facile” sorride Bronzetti: “Prende una squadra prima. Fosse stata quart’ultima qualcunque cosa facesse sarebbe stata buona. Ora è obbligato a vincere il campionato” Però… “Hanno i mezzi per costruirgli uno squadrone. Leonardo sta investendo molto soprattutto sui giovani”.

mercoledì 28 dicembre 2011

Il mal di pancia di Pato, il rinnovo di Allegri che non arriva e la tentazione Psg. Cosa succede al Milan?


di Giovanni Capuano

La clamorosa intervista con cui Pato ha certificato i rapporti tesi con Massimiliano Allegri e la sua insoddisfazione per come il Milan lo sta valorizzando, apre nuovi scenari sul futuro del Papero a Milanello. Un malessere che Panorama.it aveva anticipato lo scorso 13 dicembre spiegando come la corte di Galliani a Tevez rappresentasse solo l’ultimo sgarbo verso un giocatore finito ai margini del Milan tanto da fargli ipotizzare un futuro lontano dall’Italia.

martedì 27 dicembre 2011

Il tesoro di Moggi che non c'è e i motivi buoni per fare pace al tavolo di Petrucci



di Giovanni Capuano

Sotterrata l'ascia di guerra il tavolo della pace tornerà quasi certamente a riunirsi tra gennaio e febbraio perché Petrucci non ha archiviato la speranza di trovare una mediazione sui fatti di Calciopoli e gli stessi protagonisti gradirebbero una via d'uscita istituzionale lontana dalle aule della giustizia ordinaria.Perché? Innanzitutto perché la via è rischiosa sia per chi attacca (ad esempio la Juventus) sia per chi si difende (la Figc). Ne sono due prove la posizione tornata intransigente della Fifa contro la Federazione elvetica e il Sion dopo lo stop imposto dal Tnas alle pretese di riammissione all'Europa League (avvertimento anche alla Juventus sulla pericolosità di uscire dalla strada maestra dell'ordinanmento sportivo) e la rissa scoppiata nel giorno dell'approvazione del bilancio della Figc in cui qualche presidente ha fatto notare come mancasse qualsiasi accantonamento preventivo in vista della vertenza con richiesta da 443 milioni di euro presentata dalla Juventus al Tar.

sabato 24 dicembre 2011

Buon Natale da Calcinfaccia




Auguri di Buon Natale a tutti voi.
Ci rivediamo a partire dal 27 dicembre.

venerdì 23 dicembre 2011

Carletto da Leo a Parigi: Kakà e Pato nel mirino degli ex nemici di Berlusconi


di Giovanni Capuano

Sognava di tornare ad allenare in Inghilterra e di restare a vivere a Londra godendosi un anno sabbatico a spese di Abramovich che continua a passargli un assegno da 500mila euro al mese. Dovrà accontentarsi di Parigi perché il richiamo della panchina è stato più forte della voglia d'aspettare ancora la chiamata giusta. Carlo Ancelotti è l'uomo scelto da Leonardo per sostituire Kombouarè, tecnico a tempo determinato sin dalla scorsa estate cui non è bastato arrivare primo alla pausa per invernale per garantirsi le grazie degli emiri del Qatar. Un finale già scritto lo scorso giugno non appena Leonardo era sbarcato da direttore generale a Parigi e praticamente certo dallo scorso 10 novembre quando ex compagni d'avventura a Milanello erano stati pizzicati a colloquio: "E' vero, ci siamo parlati, sarebbe un grande nome però..." confermava Leonardo. Però c'era di mezzo Kombouarè che da meno di una settimana era un 'dead man walking', da quando sull'aereo di ritorno da Bordeaux Nasser Al-Khelafi aveva avvicinato Leonardo intimandogli "preparare l'arrivo di un nuovo allenatore" senza che se ne dovessero occupare direttamente da Doha.

giovedì 22 dicembre 2011

Se l'Holstein tira più di Siena, Novara e Parma...



Mai come questa volta gli assenti hanno avuto torto perché l'ultima fatica del campionato di serie A prima del rompete le righe natalizio ha prodotto quasi ovunque gol a grappoli, emozioni e uno spettacolo accettabile. Peccato che in molti abbiano preferito disertare gli stadi. I numeri non dicono tutto. Molto più significativi i vuoti sulle tribune di San Siro e dell'Olimpico. Segno che molti abbonati hanno preferito la tv e la poltrona di casa e che alla fine il bilancio di una giornata che era inizialmente programmata per la fine di agosto e che avrebbe fatto il pieno quasi ovunque è negativo. 

Le dieci partite hanno raccolto insieme 219.993 spettatori alla media di 21.999 di poco inferiore ai 22.181 di questa prima fase della stagione. Attenzione, però, perché in molti stadi si sono registrati i primati negativi per numero di paganti. E' capitato a Siena (addirittura solo 1.494 biglietti staccati per il derby toscano contro la Fiorentina), Parma (1.180), Novara (1.181) e Bologna (3.565 malgrado arrivasse la Roma che ha raccolto meno consenti di Lecce, Cesena e Siena). Numeri da serie B e anche meno con incassi al botteghino che nel ricco mondo del calcio professionistico bastano a malapena a pagare la luce dello stadio. 

Il record lo ha toccato il Parma con la miseria di 7.168 euro. Le altre citate non sono andate oltre i 57mila euro del Bologna. Totalmente insoddisfacente anche l'incasso per Inter e Lazio. San Siro si è presentato con il colpo d'occhio di una sfida di Coppa Italia. Ufficialmente c'erano 2.712 paganti e oltre 36mila abbonati che in ogni caso rappresentano un risultato inferiore del 24% alla media delle presenze nelle prime 8 partite giocate in casa che con 52mila rimane la più alta della serie A. Alla Lazio è andata anche peggio 5.583 paganti e 20.634 abbonati (in parte assenti): -26% sulla media. 

Una debacle solo in parte attenuata dagli exploit di Udine e Cagliari dove, grazie alla presenza di Juventus e Milan, si sono toccati i massimi stagionali: 32mila spettatori al Friuli, il doppio della media, e 18mila al Sant'Elia che per indice di riempimento rimane il peggiore stadio italiano insieme a Verona e Lecce. Riflessione? La serrata di agosto alla fine l'hanno scontata soprattutto i cassieri dei club e il nostro campionato ha per l'ennesima volta straperso il confronto con il resto d'Europa. Sicuri che abbia ragione la Lega quando chiede di imitare il modello inglese programmando giornate di campionato anche nel periodo delle festività natalizie?

Ieri sera si giocava anche in Premier: tutto esaurito per vedere la nona vittoria casalinga su nove del City (contro lo Stoke) e per Newcastle-West Bromwich e Fuhlam-ManUtd. Media complessiva superiore a 30mila spettatori e senza che fossero aperti santuari come Old Trafford, Emirates e Stamford Bridge. Anche Ligue1 e la Coppa di Germania hanno fatto meglio. A Moenchengladbach erano 54mila per assistere alla sfida contro lo Schalke, 35mila per Stoccarda-Amburgo e anche la tutt'altro che irresistibile Holstein-Mainz (10.649) ha battuto gli incassi di Siena, Novara e Parma.

Giovanni Capuano

martedì 20 dicembre 2011

E adesso Prandelli regali a Simone un giorno in nazionale


Non si può liquidare il gesto di Simone Farina, l'uomo che con la sua denuncia ha innescato il secondo filone dello scandalo calcioscommesse, come l'atto normale di una persona onesta che davanti a una proposta indecente non ci pensa nemmeno un attimo e corre a denunciare tutto. Non si può perché Simone Farina, terzino biondo del Gubbio dove lavora e semina calcio quel galantuomo di Gigi Simoni, vive in un ambiente che gli stessi magistrati di Cremona hanno più volte definito omertoso (leggi Calcinfaccia http://calcinfaccia.blogspot.com/2011/07/calcioscommesse9-gli-interrogatori-di.html) e che anche davanti all'evidenza fatica a trovare le parole giuste per condannare chi lo infanga con comportamenti moralmente inaccettabili.

Farina è un eroe. Poteva accettare l'offerta del vecchio amico Zamperini ma non l'ha fatto. Eppure, pur guadagnando più di quanto un normale lavoratore possa sognare di fare (90mila euro a stagione) non è certo destinato ad arricchirsi con la sua carriera da calciatore di livello medio-basso. Poteva anche dire 'no grazie' e poi girarsi dall'altra parte come, pare, hanno fatto in tanti in questi anni. Poteva fare tante cose e, invece, ha fatto quella giusta. La sua denuncia è molto diversa da quella della Cremonese che prima di rivolgersi ai magistrati lasciò passare il tempo sufficiente a vendere i giocatori 'sospetti' salvo poi lamentarsi per la penalizzazione rimediata. Simone Farina è un eroe in un mondo in cui nessuno si mette mai di traverso e la scusa della "millanteria" e del "complotto" è sempre pronta all'uso. Dove tutti sono amici di tutti e nessuno è così amico da avere il coraggio di alzare la mano e dire che c'è qualcosa che non va.

Ecco perché ci piacerebbe che il gesto di Farina avesse un riscontro vero. Non la solita targhetta, il premio fair play o una medaglia destinata a inpolverarsi su qualche scaffale. No, a noi piacerebbe che Cesare Prandelli, il ct che ha sbandierato l'etica come presupposto indispensabile per indossare la maglia azzurra, chiamasse per una volta Farina a far parte del gruppo della nazionale. Non tanto per esibirlo quanto per dare un messaggio forte prima di tutto al mondo del calcio e a quei colleghi che ora come in estate di dicono sconcertati ma incapaci di pensare a contromisure e gesti concreti.

Simone lì ad allenarsi con loro perché nessuno si sogni di isolarlo e, magari, di voltargli le spalle se nei prossimi mesi dovesse attraversare momenti difficili proprio a causa della sua coraggiosa denuncia. Sarebbe il modo migliore per affermare che il codice etico ha un senso e per riparare a qualche scelta poco condivisibile: dalla fascia di capitano 'affittata' a Cassano solo perché si giocava a Bari, alle scappatelle di Balotelli punite a giorni alterni a seconda delle convenienze. Simone Farina è un'occasione irripetibile, da non perdere. Vestitelo d'azzurro. Varrà anche più che essersi andati ad allenare un pomeriggio sui terreni tolti alla 'ndrangheta perché sarà il simbolo di un mondo che ha trovato dentro di sè l'anticorpo per espellere il marcio.

Giovanni Capuano

lunedì 19 dicembre 2011

Calcioscommesse: conti online e spalloni in banca. I numeri di un mercato illegale da 300 miliardi di euro


Un mercato illegale da 90 miliardi di euro in cui il banco trattiene solo una minima parte rispetto agli standard occidentali e il resto va in tasca a ricchi clienti che puntano anche milioni affidandosi agli uomini dell'organizzazione e muovendo denaro e scommesse con un solo clic sul computer. La stima di quanto valga il mercato delle puntate illegali è stata fatta nei mesi scorsi da Essa (European Sport Security Association), l'associazione che raccoglie i maggiori marchi di scommesse in Europa nel tentativo di proteggersi dalle truffe. 

Una montagna di soldi che viaggia online o trasportata da moderni 'spalloni' verso banche dell'Est Europa così da aggirare tutte le normative internazionali sul riciclaggio e che garantisce alle associazioni che gestiscono il malaffare margini di guadagni a nove zeri. La stima è che solo in Asia le grandi organizzazioni criminali intaschino una decina di miliardi di euro all'anno, la metà del giro d'affari negli Stati Uniti dove per ogni dollaro speso nel circuito legale delle scommesse ce ne sono cento investiti in nero e la raccolta raggiunge i circa 200 miliardi di euro. 

In Italia siamo fermi a 1,5 miliardi di euro e l'allarme suona forte dalla scorsa estate quando la Procura di Cremona ha scoperchiato il vaso del mondo parallelo delle scommesse mettendo per la prima volta in relazione i movimenti nel Bel Paese e quelli sui siti asiatici. Da allora il Viminale ha attivato una nuova struttura di controllo ribattezzata Uiss con protocolli di intervento rigidissimi e una rete di controllo che si avvale anche della collaborazione di database internazionali. 

L'allarme a livello italiano scatta quando il 'cervellone' di Aams segnala anomalie: flussi di giocate sproporzionati rispetto al valore dell'evento, improvviso aumento delle puntate, situazione di morosità delle società coinvolte e mancanza di obiettivi sportivi da raggiungere. Situazioni che attivano Figc, Coni, e poi il GISS (Gruppo Investigativo Scommesse Sportive) con sede presso il Ministero dell'Interno. E' questa task force, ad esempio, ad essersi mossa nelle ultime ore su una partita all'apparenza di nessun interesse come Vigor Lamezia-Ebolitana (Seconda Divisione della Lega Pro) su cui si era concentrato un flusso anomalo di scommesse 'Over 2,5' per una gara chiusa con un rotondo 4-0. 

Ancor più dettagliato, invece, il lavoro di intelligence a livello internazionale che si avvale di un database avanzatissimo (il Fraud Detection System prodotto dalla Sportradar) in grado di tenere sotto controllo 38mila eventi sportivi all'anno incrociando in ogni momento del giorno e della notte i dati sui movimenti provenienti da 300 bookmakers di tutto il mondo e combinandoli con le informazioni raccolte sul terreno da una rete di collaboratori di alcune migliaia di professionisti (trader, analisti e giornalisti). Una massa di dati che produce report dettagliatissimi messi a disposizione delle autorità che hanno stretto un patto di collaborazione con Sportradar e che vengono considerati dagli esperti del settore "vere e proprie prove". Non è un caso, ad esempio, che commentando la presunta combine tra Dinamo Zagabria e Lione nell'ultimo turno dei gironi eliminatori della Champions League, il presidente dell'Uefa Platini abbia fatto riferimento proprio all'inesistenza di flussi anomali certificati allontanando il sospetto di gara combinata. 

Del gioco illegale ormai anche le autorità internazionali conoscono tutto. Un documento riservato di Essa - anticipato da Agipronews - descrive nei minimi particolari la 'piramide' che controlla il traffico sulla piazza asiatica. C'è il vertice in Estremo Oriente (Singapore nel caso dell'inchiesta della Procura di Cremona), alcuni 'azionisti' che si spartiscono il mondo per macro-aree e tre livelli operativi che agiscono nei singoli Paesi: i 'master' nazionali in contatto con i referenti asiatici, i super agenti regionali e gli agenti sul territorio. Più ci si avvicina al vertice della piramide più si ha accesso ai conti di gioco cifrati attraverso cui l'organizzazione è in grado di far fare il giro del mondo online a decine di milioni di euro garantendo vincite sicure e più ricche grazie al meccanismo della trattenuta per sè del banco che si ferma al 2% contro il 10% degli standard europei. Il guadagno c'è per tutti: chi scommette può farlo senza limiti e coperto dall'anonimato e l'organizzazione incassa percentuali basse ma su movimenti altissimi. Che il giro potesse funzionare così gli investigatori di Cremona l'avevano capito già questa estate trovando riferimento a conti online su portali asiatici e provando a seguire il flusso dei soldi. Aveva suscitato scalpore l'indiscrezione (poi ridimensionata) sui 23 milioni di euro giocati per Padova-Atalanta; la nuova inchiesta conferma i legami con quel mondo. 

E' del tutto evidente che ci si trova di fronte a un fenomeno "transnazionale" come lo ha definito il procuratore capo di Cremona, Roberto Di Martino. Un sistema in cui bastano le parole di un 'pentito' finlandese mai stato in Italia per mettere sotto i riflettori partite di serie A come nel caso di Brescia-Bari, Brescia-Lecce e Napoli-Sampdoria. Sospetti tutti da verificare con l'unica certezza che nessuna di queste faceva parte dell'elenco di gare segnalate come 'sospette' dal cervellone italiano.

Giovanni Capuano

Calcioscommesse: processi subito e nuove penalizzazioni. Ecco cosa rischiano i club coinvolti


Processi rapidissimi, eventuali penalizzazioni esecutive da subito e con possibilità di rivedere anche le sentenze già emesse quest’estate se le carte del nuovo filone di indagine sullo scandalo del calcioscommesse forniranno alla Procura Federale elementi nuovi e inediti. Ecco cosa attende il calcio italiano dopo lo choc degli arresti che hanno riportato d’attualità la vicenda costata già squalifiche per oltre cento anni, due retrocessioni (Alessandria e Ravenna), 58 punti di penalizzazione (6 per l’Atalanta) e una decina di radiazioni. A svelare cosa accadrà è l’avvocato Mattia Grassani, maggior esperto di diritto sportivo. 

Avvocato Grassani, il procuratore Palazzi ha chiesto alla Procura di Cremona i nuovi atti dell'inchiesta sul calcioscommesse. Cosa può succedere sul versante della giustizia sportiva?  

"Succede che ci sarà una nuova valutazione nel merito di atti e prove acquisite dai magistrati di Cremona e verosimilmente, se emergeranno nuovi aspetti di responsabilità non già giudicati questa estate, ci saranno deferimenti di tesserati e club e un nuovo processo sportivo" 

Nel caso dell'Atalanta le partite di cui si parla sono le stesse già finite sotto inchiesta a giugno. Può capitare che arrivi una nuova penalizzazione? 

"Il principio è quello della novità dei fatti. Se ci sono elementi nuovi nel secondo filone anche sulle stesse partite esistono i presupposti per la riapertura dei fascicoli disciplinari da parte di Palazzi. Se, invece, i fatti sono quelli già valutati esiste una preclusione in base al principio del 'ne bis in idem' e cioé che nessuno può essere giudicato due volte per la stessa ipotesi di reato" 

Può bastare un'intercettazione inedita?  

"Qualcunque fatto, comportamento e elemento che non sia stato conoscibile dagli organi di giustizia sportiva nel precedente filone" 

Cosa rischiano Brescia, Bari, Sampdoria, Napoli e Lecce che compaiono per la prima volta nelle carte? 

"La responsabilità oggettiva è un principio cardine della giustizia sportiva ma va temperato a seconda del ruolo del soggetto e della violazione contestata. Se un calciatore scommette su gare senza alterarne la regolarità va applicato in modo mitigato. Se ha alterato partite addirittura in favore della sua squadra il principio opererà interamente e, alla luce di quanto sta emergendo, abbastanza pesantemente" 

Le sentenze di questa estate avevano certificato l'impossibilità per le società di controllare tutti i movimenti dei loro tesserati... 

"Lo spartiacque è se la violazione sia il mancato rispetto del divieto di scommettere o altro. Nel primo caso non comporta punti di penalizzazione, nel secondo, anche al di fuori del controllo della società di appartenenza, è ovvio che cambia poco che la società stessa potesse o meno controllare o che la frode sia stata realizzata con soggetti esteri o italiani. In questo caso credo che la scure della giustizia sportiva sarà implacabile" 

Il procuratore capo Di Martino ha detto che anche questo secondo filone dell'inchiesta va considerato solo un punto di partenza. C'è il rischio che qualche reato sportivo cada in prescrizione? 

"No perché con la riforma della giustizia sportiva i termini di prescrizione per questi fatti che risalgono alla stagione sportiva 2009/2010 sono lunghissimi. L'obiettivo è stato proprio rendere perseguibili questi fatti anche a distanza di molti anni. Se fra uno o due anni usciranno nuovi elementi purtroppo non gioverà alla certezza dei risultati acquisiti sul campo ma dal punto di vista della procedibilità si potrà intervenire" 

Quando ci sarà il nuovo processo sportivo? 

"Se il materiale è simile a quello trasmesso questa estate è verosimile attendersi la chiusura dei processi entro la fine dei campionati ma, in realtà, essendoci in gioco la certezza della posizione dei singoli club penso che si dovrebbe arrivare a una conclusione entro febbraio-marzo" 

Le eventuali penalizzazioni interverranno sulle classifiche di questa stagione?  

"Assolutamente sì. Per questo è necessario conoscere le posizioni dei club coinvolti perchè qualora arrivassero a campionati finiti determinerebbero effetti sconvolgenti. C'è bisogno di certezza e celerità per garantire una seconda parte della stagione il più possibile stabile e possibile"

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giovedì 15 dicembre 2011

Il no del Tas di Losanna al Sion che interessa anche la Juventus


Avviso alla Juventus e alla sua volontà di rilanciare sulla strada dei ricorsi al di fuori della giustizia sportiva: l'ordinamento calcistico continua a essere impermeabile e nemmeno la guerra legale dichiarata dal Sion sembra destinato a scalfirlo. La notizia che il Tas di Losanna ha respinto il ricorso del club svizzero chiudendogli definitivamente le porte dell'Europa League suona, infatti, come avvertimento. Michel Platini ha fin qui vinto il braccio di ferro con il presidente Constantin che ora andrà avanti rivolgendosi al tribunale federale ma che, intanto, incassa una sconfitta pesante e quasi certamente si troverà al bivio tra la permanenza nei sentieri della giustizia ordinaria e l'uscita dagli stessi a rischio di penalizzazioni. 

La vicenda è nota da tempo. L'Uefa aveva escluso il Sion dall'Europa League per aver schierato nel preliminare del 25 agosto contro il Celtic Glasgow sei giocatori non eleggibili perché acquistati mentre al club era vietato operare sul mercato a causa di una 'squalifica' Fifa risalente all'aprile 2009. Gli svizzeri e i sei calciatori si erano rivolti al tribunale cantonale di Vaud per affermare il principio del diritto all'attività lavorativa e il tribunale aveva ordinato all'Uefa di riammettere il club alla competizione nel frattempo iniziata con il Celtic al posto del Sion. Da qui la decisione di Platini di non ottemperare all'ordine e il via libera di Constantin al Tas di Losanna con l'annuncio preventivo che, in caso di sconfitta, sarebbe comunque andato avanti. 

Il comunicato con cui il Sion ha confermato l'intenzione di procedere al di fuori della giustizia sportiva suona come un attacco definitivo all'ordinamento calcistico: "Il Tas non presenta garanzie di indipendenza e viola molteplici norme di diritto nazionale e internazionale" con riferimento all'articolo 6 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo. La posta in gioco, dunque, è altissima. Se vince il Sion scrive la parola fine al concetto di giustizia sportiva così come inteso e interpretato negli ultimi cinquant'anni. Se vince l'Uefa le porte a ogni genere di valutazione extracalcistica si chiudono per sempre. 
Cosa c'entra la Juventus? C'entra, eccome. Il ricorso al Tar del Lazio è legittimo perché verte sul risarcimento danni e lo stesso accadrà con il certo passaggio davanti al Consiglio di Stato. Ma se Agnelli dovesse decidere di chiedere conto alla magistratura ordinaria anche dei verdetti del processo del 2006 il discorso cambierebbe e siccome ha più volte spiegato di voler andare fino in fondo prima o poi si troverà davanti al bivio che ha appena superato Constantin. Come si muoverà? E' certo che anche l'Uefa guardasse con attenzione e speranza al tavolo della pace di Petrucci poi fallito. Un accordo avrebbe fatto comodo anche dalle parti di Nyon. Non è arrivato.

Giovanni Capuano

Tevez, Pato e il futuro di Allegri: ecco cosa pensa davvero Berlusconi del suo Milan


Che tornerà 'Presidente' a tempo pieno lo aveva annunciato subito dopo le dimissioni da presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi si è, però, ripreso ufficialmente il Milan nella sera dei saluti e degli auguri per la festa di Natale. Il suo intervento non è stato banale anche se i giornali hanno preferito sottolineare il miele e dimenticare il resto. Noi siamo in grado di spiegarvi in esclusiva cosa intendeva davvero dire il numero uno rossonero quando ha parlato di tattica, giocatori e bilancio. 

TEVEZ - Versione ufficiale: "Ha davanti due soluzioni: deve scegliere tra prestigio e denaro. Il Milan rappresenta il prestigio, la visibilità mondiale e la possibilità di vincere il Pallone d'oro. Il Psg, che è di proprietà del Qatar, ha un forte impatto economico" 

Cosa pensava davvero: "Spendere 30 milioni di euro per una testa calda come l'argentino mi sembra esagerato. Però Galliani insiste e non voglio deluderlo. L'offerta fatta è il massimo. Io sono l'uomo più ricco d'Italia ma non esageriamo, nemmeno uno come me può competere con gli sceicchi... Certo che Parigi e Leonardo hanno fascino... Ah, se avessi trent'anni di meno..." 

BILANCIO - "Disponibilità a uno sforzo supplementare? Faccio già sforzi straordinari. Tutti i giorni faccio un regalo ai tifosi rossoneri con tutto quello che mi costa questo club. La media in questi anni è stata di 50 milioni di euro e in quello scorso siamo arrivati a 90" 

"D'accordo che a fare il fair play oggi ci sta pensando solo il mio amico Moratti e non è che gli vada bene, però non si può neanche esagerare. A casa non vogliono più continuare a buttare soldi nel Milan a fondo perduto. Adesso che sono più libero da altri impegni torno presidente io e gli faccio vedere come si fa a vincere senza svenarsi. A proposito, ma che fine hanno fatto gli emiri che volevano prendersi un pezzo del Milan?" 

GIOCO - "Mi piacerebbe vedere lo stesso gioco del Barcellona, con il 70% di possesso palla, niente traversoni, corner o lanci lunghi, un po' come giocava la mia squadra quando facevo l'allenatore e mi arrabbiavo se i ragazzini facevano passaggi più lunghi di quattro metri. Sono convinto che il Milan abbia i giocatori per fare lo stesso e la pensa così anche il nostro allenatore. Occorre la disponibilità dei giocatori ad abbandonare antiche abitudini" 

"Vincere mi piace però adesso che sono libero tornerò anche a dare qualche consiglio al mio allenatore. Contro il Barcellona non mi sono proprio divertito. Ho detto che voglio che la mia squadra domini come faceva al tempo degli olandesi. Perché non ci riesce? Se è colpa dell'allenatore ghe pensi mi, ma se sono i giocatori a non capirlo dovrò salire a Milanello a fare un po' lezione di tattica" 

OBIETTIVI - "Puntiamo a vincere qualsiasi competizione, siamo strutturati per farlo. Presi ad uno ad uno i giocatori del Barcellona non hanno una classe superiore a quella dei nostri. La rosa va bene così" 

"Ho capito che di vincere la Champions non se ne parla, troppo forti il Barcellona e il Real. Però non facciamo scherzi. Con quello che ho speso non posso nemmeno prendere in considerazione di non arrivare primo in campionato anche perché poi chi lo sentirebbe il mio amico Agnelli. Quindi niente scherzi perché in Italia non c'è nessuno più forte di noi. E se in Europa riuscissimo a giocare come dico io..." 

PATO - "Si sta riprendendo bene e sta recuperando la forma. Il suo problema è solo di natura tattica: deve adeguarsi ad una posizione più avanzata invece di stazionare troppo a metà campo. E quando ha il pallone tra i piedi non deve allargarsi. Lui è un attaccante che fa i gol e i gol si fanno dentro l'area di rigore. E' ciò che recita una regola del calcio che forse ho inventato io?" 

"Pato è un attaccante e non ho capito perché Allegri lo vuole far giocare da esterno. Adesso glielo dico con le buone ma fra un po' potrei arrabbiarmi. Anche perché a casa mia figlia Barbara mi dà il tormento. E poi perché dovrei spendere un sacco di soldi per Tevez quando la prima punta ideale ce l'ho già a Milanello?" 

ALLEGRI - "Rinnovo? Non è in discussione. Lo abbiamo già deciso da tempo" 

"Certo che Allegri lo tengo. Adriano (Galliani ndr) gli ha già promesso il rinnovo e io mica posso fargli fare una brutta figura. Max resta. A patto che abbia capito che adesso al Milan cambia tutto... Quindi Pato deve giocare davanti, voglio vincere il più possibile per battere Bernabeu e possibilmente che non mi vengano a chiedere altri soldi per il mercato. Allegri resta, però...".

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mercoledì 14 dicembre 2011

Tavolo della pace fallito: il calcio italiano torna nelle aule dei tribunali


Nessun passo avanti e nessun passo indietro. Il tavolo della pace ha certificato l'impossibilità di chiudere il capitolo Calciopoli senza passare dai tribunali malgrado l'impegno di Petrucci, i sorrisi della vigilia e le promesse di collaborazione. E' andata male anche se la parola "sconfitta" l'ha pronunciata solo il presidente del Coni sia pure per esorcizzarla e spiegare che il tentativo andava fatto e che la coscienza nel capo dello sport italiano è pulita. 

Una magra consolazione di fronte allo scenario dei vertici del maggiore movimento nazionale che in quattro ore e mezza attorno a un tavolo non sono riusciti a fare altro che ribadire le proprie posizioni rifiutando qualsiasi confronto e che ora si consegneranno all'ennesimo pellegrinaggio per aule giudiziarie col risultato di tenere bloccata qualsiasi idea di accordo per riformare un sistema che sta perdendo posizioni e competitività. 

Che il tavolo della pace fosse destinato a fallire lo si era intuito anche solo osservando la disposizione degli astanti. In mezzo Petrucci e Pagnozzi. Poi Abete da una parte e Valentini dall'altra. Quindi i grandi nemici seduti rigorosamente distanti; alla destra di Petrucci i 'falchi' Agnelli e Della Valle, alla sinistra le 'colombe' Moratti e Galliani. Troppo lontani anche solo per abbozzare una stretta di mano, figurarsi per arrivare all'abbraccio che il Coni e la Figc speravano.  

"Le scorie di Calciopoli sono ancora scottanti. Dovevamo lenire una ferita ancora aperta e il tentativo non è riuscito" è stata la sintesi amara di Petrucci. Quella più secca di Della Valle era arrivata qualche minuto prima: "Tutti sono civilmente rimasti sulle loro posizioni. Un altro tavolo? Non so". Difficile che ci si riprovi a breve anche perché uscito dalla sala giunta del Coni il calcio italiano si è avviato diritto per le aule dei tribunali senza possibilità di fare un passo indietro. Non lo ha fatto la Juventus che si è rifiutata di ritirare il ricorso al Tar con allegata richiesta di risarcimenti danni alla Figc per 443 milioni di euro. Non potrà farlo la stessa Federcalcio quando sarà chiamata a rispondere dei suoi atti in una contesta che andrà certamente anche davanti al Consiglio di Stato. Abete ha spiegato con chiarezza come il ricorso di Agnelli rappresenti un problema concreto per la Figc: "Non abbiamo stanziato fondi per farvi fronte altrimenti la federazione si dovrebbe fermare per due o tre anni". Il bilancio annuale ammonta a circa 180 milioni di euro. Se la Juve vince la Figc dichiara bancarotta, altrimenti le carte di mischiano nuovamente. 

Da quanto si è appreso il clima al tavolo è stato, almeno nella forma, sereno. Nessuno ha alzato la voce, non ci sono stati scontri aperti e nessuno ha pensato nemmeno un momento di alzarsi ed andarsene. Anche così si spiega la durata particolarmente lunga che nel corso della giornata aveva fatto sperare nella possibilità che le parti fossero vicine ad un accordo e che si stesse lavorando ad un documento comune da inviare al Governo. Nulla di tutto questo. Petrucci ha iniziato il suo intervento introduttivo partendo da Calciopoli e lì ci si è fermati con piccoli accenni agli altri temi dell'agenda. Il risultato pratico di tutto questo è che, Calciopoli a parte, il calcio italiano non riuscirà a trovare a breve un accordo anche su altri temi caldi. 

Difficile se non impossibile che venga identificato un successore per il presidente part-time della Lega Calcio, Maurizio Beretta; il gioco dei veti incrociati lo rende impossibile. Improbabile che sia varata la riforma dei campionati che la Lega Serie B e la Lega Pro attendono e che dovrebbe auspicabilmente portare a una riduzione a 18 del numero delle squadre della massima serie. "Un incontro è sempre utile" ha concluso Moratti, l'unico a tentare di apparire conciliante anche alla fine. Anche lui, però, non ha fatto nessun passo indietro. L'accordo era impossibile e il tavolo l'ha certificato. Spente le luci restano scorie e macerie di un guerra che non ha ancora scritto l'ultimo capitolo.

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martedì 13 dicembre 2011

Tavolo della pace: ecco chi non ci sarà


Ufficialmente la tavolata sarà a nove posti con Moratti e Agnelli seduti ai due capi e in mezzo tutti gli altri a cercare di fargli fare pace, pronti a scattare se a uno dei due dovessero scappare le due paroline magiche: "scudetto 2006". Tavolo apparecchiato per le nove di mattina così da prendersi tutto il tempo necessario per "chiudere definitivamente discussioni, corsi e ricorsi" come ha fatto sapere il presidente del Coni che è anche padrone di casa e che dovrà districarsi tra veti e minacce perché il tavolo della pace non si trasformi in una Caporetto del calcio italiano. 

Che le posizioni siano distanti non lo nasconde nessuno. Moratti non accetterà di mettere in gioco le sentenze del 2006 a partire dall'assegnazione dello scudetto. Agnelli vuole partire proprio da lì e subisce le pressioni della piazza che gli chiede di non cambiare strategia. Abete vorrebbe parlarne ma non può per non smentire le decisioni prese in luglio sulla non competenza della Figc. Della Valle ha il dente avvelenato con Moratti ma la sentenza di Napoli lo ha azzoppato non poco nelle motivazioni. Galliani cerca di capire l'aria che tira e De Laurentiis si è praticamente autoinvitato. 

Pronostico facile facile: o Petrucci, che ha trascorso le ultima settimane al telefono, trova qualche sponda disinteressata o sarà difficile anche se il resto dell'agenda - Calciopoli a parte - è tutt'altro che disprezzabile a partire dalla riforma della legge 91 sul professionismo per proseguire con stadi di proprietà, spartizione dei diritti tv e protezione del merchandising. Proprio per questo a far rumore sono soprattutto quelli che domattina, mentre i magnifici nove si siederanno al tavolo apparecchiato da Petrucci, al massimo scenderanno a far colazione al bar sotto casa. Molti presidenti, Cellino e Zamparini in testa, lo hanno detto apertamente. La Lega Calcio abbozza ma non gradisce. Il timore è che gli equilibri del nuovo calcio possano essere scritti in un circolo ristretto cosa che in passato ha portato più guai che soluzioni come accadde con la scelta del doppio designatore per non scontentare nessuna delle 'sette sorelle' di inizio anni Duemila. 

Se, invece, si parlasse davvero di Calciopoli e di quanto accaduto nell'estate del 2006, allora Petrucci ha ancora poche ore di tempo per allungare la lista degli invitati. All'elenco mancano infatti alcuni personagi imprescindibili. Ad esempio bisognerebbe sentire anche Cellino, Campedelli, Foschi, Gasparin, Governato, Spinelli e Corsi, finiti insieme a Facchetti e Moratti nelle 72 pagine della requisitoria senza replica del procuratore Palazzi. Oppure Lotito, Gazzoni Frascara, Foti e il Brescia. E un angolino andrebbe riservato, perché no?, anche a Luciano Moggi e al suo consulente Nicola Penta, l'unico a poter dire di aver sentito con le sue orecchie (quasi) tutte le 170mila telefonate contenute negli atti della Procura di Napoli. Cosa contengono che ancora non è stato distillato ai giornali? 

Oppure si potrebbe invitare Cosimo Maria Ferri, nome sconosciuto ai più e figura chiave dei processi sportivi di cinque anni fa. Era un dirigente della federazione, teste chiave per valutare il presunto illecito tra Della Valle e Lotito, la cui memoria fu azzerata dalla decisione di abbandonare il mondo dello sport. Una sorta di prescrizione di cui si lamentarono anche i giudici della Corte Federale scrivendo che con il suo silenzio "era venuto a mancare al processo un prezioso contributo probatorio". E perché non chiamare anche Guido Rossi, all'epoca commissario straordinario della Figc, per chiedergli del comunicato stampa con cui ufficializzò la consegna dello scudetto all'Inter e che ha recentemente definito con eleganza "stronzate" i tentativi di riscrivere il capitolo. 

O Francesco Saverio Borrelli e lo stesso Palazzi per dirimere una volta per tutte il mistero delle telefonate di Facchetti che c'erano o non c'erano già nel 2006. Il rischio è che più che un tavolo si finisca col dover prenotare un ristorante intero. Davvero troppo anche per Petrucci già condannato a una missione impossibile: far stare seduti Agnelli e Moratti senza che l'incontro della pace si trasformi in un lancio di posate. Difficile. Quasi impossibile.

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Gossip, infortuni e difficoltà con Ibra: così Pato è finito ai margini del Milan


Ultima apparizione nota e certificata la sera di Sant'Ambrogio nel foyer della Scala per la prima del Don Giovanni. Sfilata con la fidanzata Barbara Berlusconi, flash, titoli sui giornali. Poi scena muta quattro giorni più tardi a Bologna. Un copione che quest'anno si sta ripetendo con esasperante puntualità tanto da far concludere che il brasiliano sia finito ai margini del suo Milan, stritolato dalla difficile convivenza con Ibrahmovic, frenato dagli infortuni, probabilmente convinto di non essere circondato dalla piena fiducia da parte di tecnico, compagni e società. Possibile? La ricerca di Tevez a tutti i costi è solo l'ultimo tassello di un puzzle che si va componento ormai da un anno e che si completerà in estate quando a Pato mancheranno ancora due anni di contratto e le parti si troveranno davanti a un bivio: rinnovare o dividersi. La crisi di Pato in questa stagione è certificata dai numeri e dalla progressiva assenza dalle cronache delle partite della squadra di Allegri.

I NUMERI - Sei presenze, un solo gol (ininfluente contro il Chievo) in campionato. Appena meglio in Champions League (3 partite e due gol compresa la perla di Barcellona). Il rendimento di Pato in questi mesi è racchiuso in questi numeri. Ce n'è un altro che sta facendo riflettere la dirigenza milanista: le dieci presenze del Papero sono coincise con due sole vittorie, compresa la Supercoppa di Pechino, due sconfitte e ben sei pareggi. Un disastro che non può passare inosservato soprattutto perché legato spesso a prestazioni anonime e in qualche caso irritanti come quelle di Napoli e Bologna o il primo tempo di Praga. E' di gran lunga il peggior avvio di stagione della sua carriera e di questo passo rischia di essereil campionato meno prolifico. Un anno fa Pato aveva comunque segnato 14 gol (25 presenze) ed erano stati 12 nel 2009 (23 partite) e addirittura 15 alla prima vera stagione intera al Milan. Tempi lontani.

INFORTUNI - Dodici fermate ai box in due anni per noie muscolari è la tassa che il brasiliano ha pagato alla sfortuna e a una crescita muscolare impetuosa. Otto volte si è lesionato le preziose fibre e ben sei volte è stato bloccato dalla coscia destra. Inutile anche la tabella personalizzata scritta per lui da William Garrett, luminare della Duke University, giusto un anno fa. Perché si fa male? Mistero non risolto. Quello che è certo, invece, è che al Milan è aperto da tempo il dibattito sulla soglia del dolore del Papero. Ne aveva parlato per primo Leonardo tanto da far sbottare il giocatore ("Sicuramente non sono uno che si immagina le cose" 23 marzo 2010). Di sicuro il suo impiego è stato mal dosato in estate. Recuperato appena in tempo per la Coppa Ameica dopo l'infortunio alla spalla nel finale di campionato, sempre presente con il Brasile (ultima partita il 17 luglio), breve vacanza, convocazione per Pechino il 6 agosto, amichevole Germania-Brasile, di nuovo vacanza interrotta per i dolori di Ibra pre-Cagliari. Precettato a Milanello il 23 agosto e mai più ripartito se non per curarsi l'ennesimo guaio muscolare a metà settembre.

CONVINVENZA CON IBRA - Lo svedese ne aveva parlato il 5 novembre 2010: "Con Inzaghi mi sento più libero perché posso muovermi di più, invece quando gioco con i brasiliani mi sento più obbligato a stare in area". Buuum. Pato era il padrone di casa al Milan e si trovò a essere trasformato in inquilino. Almeno ufficialmente le parole di Ibra non hanno avuto seguito. In realtà Allegri ha scelto di assecondare i desideri di Zlatan disegnando un modo di giocare diverso a Pato. La conferma qualche giorno fa dopo Praga: "Ha qualità incredibili ma deve migliorare. In questo anno e mezzo è cresciuto da punto di vista tattico ma è chiaro che deve modificare il suo gioco; con Leonardo giocava esterno, qui gioca come punta vera e propria". Con Leonardo segnava ed era decisivo, con Allegri è diventato un problema. E Galliani corteggia Tevez.

GOSSIP - La storia con Barbara Berlusconi è stata a lungo motivo di imbarazzo in casa-Milan. Un aneddoto della sera del derby vinto contro Leonardo che valse mezzo scudetto: Pato sale in sala stampa e alla prima domanda su Barbara viene zittito dall'inflessibile addetto stampa: "Di questo non si parla". Peccato che il brasiliano non vedesse l'ora di far conoscere al mondo la sua dedica per il gol spacca-partita. Le cose sono cambiate con il passare dei mesi. Ora la storia è su tutti i giornali. Questione personale ma non solo, almeno a sentire i tifosi che si chiedono se stia incidendo sul rendimento (scarso) dell'attaccante.

MERCATO - Il potente Gilmar Veloz non prende la parola sull'argomento dal giugno scorso. Allora dovette intervenire per correggere alcune dichiarazioni del suo assistito che dal Sudafrica aveva fatto sapere che era "presto" per dire se sarebbe rimasto o meno. "Pato vuole rispettare il contratto che lo lega al Milan fino al 2014" precisò Veloz. Esatto, ma dopo? Quando a giugno sarà finita la stagione mancheranno due anni alla scadenza e le leggi di mercato dicono che il Milan sarà chiamato a proporre il rinnovo oppure a correre il rischio di entrare in quella zona in cui il giocatore, ancora giovane, potrà cominciare a progettare il suo futuro lontano da Milano monetizzando una cessione a parametro zero o quasi.

Oggi Pato guardagna intorno ai 4 milioni netti, meno di Ibrahimovic e Robinho e certamente meno di quanto offerto a Tevez. Una situazione insostenibile. Il Milan è chiamato a rilanciare ma pare concentrato su altro. Le big di Spagna e Inghilterra sono alla finestra. "L'ipotesi di una scambio Tevez-Pato non esiste" ha tuonato Galliani qualche giorno fa. E' così, ma al bivio di giugno Pato e il Milan quale strada sceglieranno?

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La nostra moviola: almeno non mandate Rocchi ad Euro2012


Ci sono due virus che si aggirano nella classe arbitrale italiana. Il primo, quasi impossibile da debellare, si chiama Gianluca Rocchi. Il disastro di Bologna è il secondo di questo campionato dopo quello celebre di Inter-Napoli. Allora Braschi confermò che Rocchi è "uno dei migliori in circolazione", lo fermò il minimo sindacale (2 giornate) e lo ributtò in fretta in campo a dirigere prima Bologna-Chievo, poi la Roma, poi la Juve (contro la Lazio) e infine la sfida del Dall'Ara. Cosa accadrà adesso? Lo stop ci sarà e sarà più lungo di quello precedente anche se ci sono di mezzo le vacanze e alla fine le giornate saltate potrebbero non essere tante. Però il designatore è davanti a un problema perché quest'anno ha scelto di ridurrea venti la rosa dei fischietti per la A e quindi non può permettersi esclusioni troppo prolungate. Collina sta per diramare l'elenco degli arbitri di Euro2012; Rocchi è in corsa. Speriamo.

L'altro virus risponde al nome di Paolo Valeri. Ha penalizzato il Chievo a Udine dopo aver massacrato il Napoli (contro la Fiorentina) e il Cagliari (contro il Bologna). Di lui si ricorda anche il contestato rigore di Atalanta-Inter. Con la simulazione inventata per Pellissier fanno quattro 'gemme' in sette presenze stagionali. Ce n'è abbastanza per fermarlo?

lunedì 12 dicembre 2011

I gol low cost di Miro Klose, l'uomo di ghiaccio su cui solo Lotito ha scommesso


Se i gol fossero titoli di stato a rendimento variabile, le perle che Klose ha disseminato in questo folgorante avvio di stagione rappresenterebbero il miglior investimento possibile dell'ultimo calciomercato. L'uomo di ghiaccio è già arrivato a quota 8 e se non ci fossero di mezzo i rigori tirati da Denis e Di Natale sarebbe in testa alla classifica marcatori. Considerato che è arrivato a parametro zero dopo essere stato scaricato dal Bayern Monaco e che guadagna un paio di milioni netti, si può dire che ogni suo gol sia costato a Lotito non più di 200mila euro e gli abbia fruttato almeno 11 punti. L'uomo di ghiaccio segna tanto e, soprattutto, raramente segna gol inutili: decisivo nei pareggi contro Milan e Catania e nelle vittorie contro Cesena, Fiorentina, Lecce e Roma. Per verificare chiedere a Totti e compagni l'impatto devastante del tocco a derby quasi chiuso che manda in paradiso la Lazio e condanna i giallorossi.
 
Un piccolo capolavoro dei dirigenti della Lazio che sono gli unici ad aver creduto in lui quando Miro ha deciso, a inizio estate, di non accettare la proposta al ribasso del Bayern e di chiudere così la parentesi bavarese ricca di gol (53 in 150 presenze) e soddisfazioni (due campionati, due coppe di Germania, due coppe di Lega, una Supercoppa e una finale di Champions League). Troppo forte la concorrenza delle stelle nascenti Muller e Gomez. Meglio partire a cercar fortuna altrove. Che Klose sia uno degli attaccanti più prolifici dell'ultimo decennio, però, non è una sorpresa di oggi. I suoi numeri parlano chiaro. Dalla prima volta che ha messo piede in campo con la maglia dell'Homburg nel 1999 ad oggi ha bucato il portiere avversario 253 volte con qualche preferenza per il piede destro (124 gol) e il colpo di testa (66 gol). In Germania è un mito di quelli veri e non tanto per i successi con la maglia rossa del Bayern. I tifosi tedeschi lo ringraziano ancora per le 14 reti segnate in fasi finali dei campionati del mondo che gli valgono il primato assoluto insieme a un altro mostro sacro come Gerd Muller. 

Unico cruccio: non ha mai alzato al cielo la Coppa del Mondo e nemmeno quella dei Campioni. Prima che arrivasse la Lazio era sul taccuino di altre big italiane a partire dal Milan. Sarebbe servito? A scorrere la lista dei rendimenti degli altri bond-scorer sparsi per il nostro campionato si può dire certamente sì. Per vedere un gol di Pazzini, ad esempio, Moratti è costretto a pagare intorno agli 800mila euro (solo di ingaggio). Un urlo di Milito vale un milione. Al Milan costano cari gli assoli di Pato (2,6 milioni di euro) e Robinho (1,3). Al Napoli quelli di Cavani (300mila euro) e alla Juve quelli di Vucinic (660mila euro). L'uomo di ghiaccio sarebbe servito eccome. Ecco perché a gennaio in tanti correranno sul mercato per cercare un clone del tedesco: un goleador affidabile a prezzi di saldo. 

Difficile, forse impossibile ripetere il gran colpo di Lotito che ora si gode magie e stranezze di Miro-Mito compresa l'abitudine a immergersi nel ghiaccio al termine di ogni partita e degli allenamenti di rifinitura. Una pratica presa da football americano e rugby; dieci minuti sottozero che riducono le infiammazioni e le conseguenze di impatti e traumi di gioco. Ogni trasporto dei preziosi cubetti costa alla Lazio 560 euro. Non si hanno notizie di proteste del pur parco Lotito e nemmeno di compagni che siano riusciti ad imitarlo.
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domenica 11 dicembre 2011

La carriera di Rocchi, l'intoccabile più forte di errori e polemiche


Il più preoccupato sarà sicuramente Gianluca Rocchi da Limite sull'Arno. Non il fischietto finito nuovamente nella bufera per i disastri di Bologna, ma lo sfortunato omonimo che puntualmente, ad ogni direzione contestata del suo quasi concittadino, è costretto a staccare il telefono per non essere travolto da insulti e minacce. L'ultima volta gli era capitato in ottobre dopo Inter-Napoli. Sconsolato aveva raccontato di esserci abituato e che, proprio per questo, ogni domenica sera si informa su come si è comportato il Rocchi famoso. Questa volta gli è andata male e le scuse che l'arbitro ha fatto a Pioli unite al comportamento da gentlemen dei due tecnici attenuano solo in parte le polemiche.

Gianluca Rocchi, arbitro in corsa per rappresentarci a Euro2012, è uomo avvezzo ai temporali. La sua carriera è stata sin qui precoce e ricca di soddisfazioni ma anche uno slalom tra cadute e risalite. E' il direttore di gara del famigerato Inter-Napoli del 3 ottobre scorso che fece infuriare Moratti al punto da spedirlo davanti ai microfoni per dire che lui quell'arbitro si "augurava di non vederlo più" perché troppo "scarso". Parole come uno Zamparini qualsiasi che gli costarono una tirata d'orecchie del designatore Braschi. Nessuna ricusazione e solo due turni di stop prima di rientrare in Chievo-Bologna. Del resto Rocchi è reputato uno dei migliori fischietti anche a livello europeo. Internazionale dal 2008, direttore gara Elite dal 2010, una semifinale di Europa League nel curriculum.

"Arbitro e atleta di altissimo livello" lo definische Braschi e il giudizio è condiviso da Collina che non più tardi di una settimana fa gli ha affidato Chelsea-Valencia che valeva come spareggio per gli ottavi di finale di Champions. Quella di Bologna è stata la 113° partita in serie A. Ha fatto arrabbiare Mourinho ("Questa sera potevano anche lasciarci in sette" sbottò il portoghese) in un derby con espulsi Sneijder e Lucio e sembra avere un conto in sospeso con l'Inter lasciata in inferiorità numerica 7 volte sulle 16 dirette. Ricordate Ibra espulso all'Olimpico per aver calciato il pallone dopo il fischio? Rocchi. E Pelè fuori a Marassi senza motivo? Sempre Rocchi. Anche a Napoli hanno avuto qualcosa da ridire dopo la sfida-scudetto di San Siro di un anno fa con rigore 'al limite' per mani di Aronica. E il suo score è negativo con la Roma e così così con i rossoneri.

Lui è sempre uscito indenne da tutto. Ha superato anche lo scandalo di Calciopoli nel quale era rimasto coinvolto per una telefonata di Mazzini a Lotito con rassicurazioni in vista di Chievo-Lazio: due assoluzioni dalla giustizia sportiva e una, la più importante, dal Tribunale di Napoli nel dicembre 2009. Il pm aveva chiesto per lui una condanna a un anno e quattro mesi. Assolto. "Se non avessi continuato ad arbitrare mi sarei lasciato andare" disse lui. A differenza di altri colleghi non era mai stato sospeso e, anzi, sul campo si era guadagnato la promozione a internazionale.

Ora il nuovo caos di Bologna-Milan. Arriva a pochi giorni dalla designazione degli arbitri per gli Europei di Polonia e Ucraina. Rocchi è in lizza con Rizzoli per rappresentarci ma gli errori di questo inizio di stagione rischiano di precludergli la chiamata. A meno che Collina non voglia stupire e inserirlo comunque nella griglia. Sarebbe un colpo di scena per tutti, non per Rocchi, l'uomo abituato a lasciarsi alle spalle ogni disastro.

venerdì 9 dicembre 2011

DOSSIER - I veri numeri del nostro crollo in Uefa: ecco perché perderemo posti malgrado il Napoli


Nel diluvio di autocelebrazioni per il primato di squadre qualificate agli ottavi di Champions, l'unico che ha capito davvero cosa sta succedendo al calcio italiano è Michel Platini. "Siete rinati... ma fino all'anno prossimo" ha detto con un sorrisetto il presidente dell'Uefa. Ha ragione lui. Possiamo brindare perché i crolli dei due Manchester e la crisi del calcio spagnolo alle spalle di Barcellona e Real Madrid ci consegnano il dominio nell'urna di Nyon, però nei prossimi mesi dovremo quasi certamente incassare una nuova retrocessione nel ranking col rischio - da qui al 2014 - di vedersi ulteriormente restringere il varco d'accesso alle competizioni europee. 

I numeri non mentono e sono impietosi. Malgrado l'exploit del Napoli, migliore squadra italiana sin qui e settima nella classifica Uefa alle spalle delle grandissime, nel ranking stagionale restiamo in posizioni di rincalzo. I nostri 9,071 punti ci mettono alle spalle di Inghilterra, Spagna, Germania e Francia e praticamente sulla stessa linea di Portogallo e Russia. Colpa della precoce uscita di scena di Palermo e Roma, fuori ai preliminari, e del cammino faticoso di Inter e Milan nei gironi. Tanto per capire, i k.o. estivi ci hanno condannato a dividere qualunque punteggio raccolto da qui a maggio sempre per sette (il numero di squadre iscritte) e gli scivoloni delle milanesi ci hanno fatto buttare via decimali preziosi: vincendo contro Viktoria Plzen e Cska Mosca, partite affrontate con ampio turn over e testa altrove, Allegri e Ranieri avrebbero regalato al ranking Uefa un +0,420 pesantissimo. Perché, mentre scorrendo l'attuale classifica all'apparenza non ci dobbiamo preoccupare della nostra quarta posizione, in realtà i problemi arriveranno a maggio. Oggi corriamo con 12,324 punti di distacco dalla Germania terza e un vantaggio rassicurante su chi ci segue (4,684 sulla Francia e 5,349 sul Portogallo). A fine stagione saremo costretti a scartare i punti accumulati nel 2007/2008 e i nostri margini verranno azzerati. 

Qualche numero? Fotografata ad oggi la situazione ci vedrebbe sempre quarti ma con la miseria di 1,362 punti sulla Francia (quinta) e 3,027 sul Portogallo (sesto) e i portoghesi ci hanno già superato se ci proiettiamo al ranking 2014. Non sono calcoli da fantacalcio. Tradotto in soldoni significa che da qui a fine anno dovremo cercare di correre almeno come la Francia per non scivolare indietro e, in ogni caso, ci attendono due anni in cui saremo obbligati a fare meglio di tutti per non finire sesti col risultato di costringere la nostra terza classificata a un doppio, insidiosissimo, turno preliminare per entrare nei gironi di Champions. 

Possiamo farcela? Sì, però è difficile. La Francia ha portato due squadre agli ottavi, perderà certamente il Rennes ma potrebbe avanzare con il Psg in Europa League dove il Portogallo sommerà Sporting Lisbona e Braga al Porto mentre il Benfica entra nel sorteggio di Nyon da prima della classe. Noi siamo appesi al destino di Udinese (quasi qualificata) e Lazio (quasi fuori). E malgrado Galliani insista nell'accusare le piccole di snobbare la seconda competizione, il crollo italiano dipende anche dalle grandi. Nelle ultime tre stagioni il Milan ha conquistato al massimo 9 punti nel girone eliminatorio regalando punti a Bate Borisov, Viktoria Plzen, Ajax e Zurigo (addirittura 5 su 6) e quando si è misurata con l'Europa League nel 2008/2009 è uscita a febbraio senza troppa gloria. La stessa Inter ne ha persi una marea contro Rubin Kazan, Twente e Werder Brema. La nostra, insomma, rimane una crisi strutturale. Quasi un bond di cui non abbiamo ancora finito di pagare gli interessi anche se ci rifiutiamo di capirlo. Platini ce l'ha ricordate con un sorriso: "Siete rinati... ma fino all'anno prossimo". Appunto.

Giovanni Capuano

giovedì 8 dicembre 2011

Lo scandalo di Zagabria e le troppe riserve di lusso dell'ultimo turno di Champions League


Nell'ultimo turno di Champions non c'è solo l'incredibile 1-7 del Lione a Zagabria a far riflettere. Molte delle squadre già sicure del passaggio del turno, infatti, si sono presentate con formazioni largamente rimaneggiate rischiando di compromettere la regolarità dei propri gironi. E' il caso dell'Inter battuta dal Cska Mosca (che si è così qualificato a spese del Trabzonspor) senza Julio Cesar, Lucio, Thiago Motta, Stankovic e Pazzini e con i baby Faraoni, Obi e Caldirola, del Bayern Monaco che ha tenuto in panchina a Manchester Neuer, Lahm, Van Buyten, Muller, Gomez e Ribery e lasciato a casa Robben e del Real Madrid versione pre-clasico di Amsterdam. Che poi gli spagnoli abbiano vinto e il k.o. del Bayern non sia costato la qualificazione al Napoli è solo un puro caso. Nelle gare del martedì era toccato al Barcellona presentarsi con la squadra B contro il Bate Borisov e ad Allegri esagerare col turn over a Praga. Brutte figure senza conseguenze, ma qualcosa su cui la Uefa dovrà riflettere perché non è un segnale positivo che gli ultimi 90 minuti dei gironi si trasformino in una recita come spesso accade alle gare di tarda primavera di molti campionati nazionali. Riflessione da fare in fretta perché la riforma della Champions voluta da Platini ha portato tra le magnifiche 32 molte squadre di secondo livello con il risultato di sbilanciare il valore di alcuni gironi rendendoli molto meno equilibrati. Il premio legato alla vittoria (800mila euro) doveva essere un incentivo sufficiente, ma quanto accaduto in questa due giorni lascia intendere che non basti.

In questo quadro si inserisce lo scandalo di Zagabria. Non esistono spiegazioni tecniche all'impresa del Lione che ha segnato 7 gol in 31 minuti contro un avversario ridotto sì in dieci uomini ma pur sempre in vantaggio. Una farsa su cui pende il sospetto di qualcosa si più grave come testimoniato dalla foto che pubblichiamo tratta da Marca  in cui si vede un gesto di intesa tra il croato Vida e Gomis, autore di un poker di gol, dopo la rete del 5-1. Un occhiolino con pollice alzato che merita un'inchiesta seria e approfondita da parte dell'Uefa. In campo ci sono sette giudici (un arbitro, due assistenti, due arbitri di porta, il quarto uomo più il delegato Uefa): non è accettabile che tutto sia avvenuto sotto i loro occhi senza alcun sospetto. De Boer e l'Ajax, già penalizzati dalle sviste di De Sousa su due fuorigioco inesistenti, meritano di sapere perché sono fuori dalla Champions mentre il Lione entrerà venerdì prossimo nell'urna di Nyon.

Giovanni Capuano

L'annozero di Manchester, l'Europa che piace a Platini e il ranking di De Sciglio e Faraoni


La rivoluzione è stata completata e se lo Zagabria non avesse spalancato le porte degli ottavi al Lione, regalandogli un tempo e sette gol, il bilancio sarebbe stato più lusinghiero. La fase a gironi della Champions League va agli archivi con il record di squadre provenienti da campionati emergenti qualificate agli ottavi di finale. Ce ne sono cinque che non sono espressione di Liga, Premier League, Serie A, Bundesliga e Ligue1. Non era mai accaduto da quando la formula della coppa è stata modificata cancellando il secondo girone di qualificazione e inserendo il turno degli ottavi ad eliminazione diretta.

Era il settembre 2003 e da quel giorno per quasi un decennio la fase che conta è stata stata monopolizzata dall'Europa ricca di italiani, tedeschi, spagnoli e inglesi con stabili presenze dei francesi lgate più che altro al ciclo infinito del Lione. Quando a febbraio si tornerà in campo ci saranno due formazioni russe (Cska Mosca e Zenit San Pietroburgo), una portoghese (Benfica), una svizzera (Basilea) e una cipriota (Apoel Nicosia). Basilea e Apoel ci arrivano addirittura da prime dei loro gironi. E' il trionfo di Michel Platini che, ridisegnando il format della Champions League nel 2009 rendendo più complicato l'accesso delle terze e quarte dei campionati nobili, inseguiva proprio questo risultato. Nelle cinque stagioni precedenti l'80% (64 su 80) delle qualificate nelle 'top 16' erano state firmate dai movimenti guida d'Europa; un trend inaccettabile per l'Uefa.

Il record delle emergenti coincide con la peggior prestazione dei club inglesi e spagnoli. Ne vanno avanti due a testa: non era mai accaduto nell'ultimo decennio. Una sola volta (stagione 2004/2005) la Spagna era riuscita a piazzare solo due squadre negli ottavi, ma in quel caso l'Inghilterra ne aveva quattro ed era arrivata fino in fondo con il Liverpool campione ad Istanbul. Sono caduti i due Manchester. Il k.o. dello United è clamoroso perché condanna all'Europa League Ferguson che due sole volte dalla creazione della Champions aveva fallito l'ingresso nella fase ad eliminazione diretta. Meno clamorosi gli addii del City, penalizzato da un girone di ferro, e delle spagnole di scorta (Valencia e Villarreal); spente le luci del 'clasico' infatti la Liga si conferma un campionato in profonda crisi economica e tecnica.

Sorride l'Italia. Persa l'Udinese nel preliminare contro l'Arsenal è riuscita a portare avanti tutte le squadre iscritte. Un trionfo che non ci regala però passi avanti nel ranking. Anzi, la situazione si sta aggravando e non è solo colpa delle piccole che snobbano l'Europa League. Solo nell'ultimo insignificante turno Inter e Milan, con squadre imbottite di giovani e riserve, hanno gettato al vento due vittorie e dilapidato quasi mezzo punto (0,42) di coefficente valido per il ranking. Non è un caso isolato. Nelle ultime tre stagioni i rossoneri non sono mai arrivati oltre quota 9 punti nel girone (addirittura 8 nel 2009/2010) e la stessa Inter - cavalcata del Triplete a parte - ha raccolto 29 punti in 18 partite di tre anni di sfide non ad eliminazione diretta.

Il risultato è che, malgrado siamo il campionato con più squadre agli ottavi di finale, nel ranking stagionale siamo dietro alla Francia (che ci insidia nella classifica generale) e il vantaggio si è assottigliato a 4,684 punti. La prospettiva è che ben difficilmente da qui a maggio riusciremo a difendere la quarta posizione. Il sorpasso francese rischia di essere imminente e occhio al Portogallo che spinge da dietro. L'ultimo turno di Europa League potrebbe riservare brutte sorprese perché Sporting Lisbona e Braga sono già avanti, il Psg potrebbe raggiungerle mentre la Lazio ha un piede fuori e l'Udinese deve chiudere il lavoro fatto sin qui.

Giovanni Capuano

Il tavolo della pace di Guido Rossi: "Chi dice stronzate va fatto tacere"


"Sono stufo di queste cose e quelli che dicono le stronzate vanno fatti tacere". Così Guido Rossi, commissario straordinario della Figc nell'estate del 2006, ha risposto alla richiesta di un commento sul tavolo della pace del prossimo 14 dicembre e sugli ultimi sviluppi della vicenda Calciopoli.

Rossi è stato intervistato dall'emittente Telereporter Odeon Tv nel corso della cerimonia di consegna degli Ambrogini d'Oro a Milano e ha negato che all'epoca del processo sportivo che portò alla retrocessione della Juventus in serie B e all'assegnazione dello scudetto 2005-2006 all'Inter le intercettazioni emerse in questi mesi fossero a disposizione degli inquirenti sportivi: "Non c'era niente - ha detto -. E' stato tutto messo benissimo in chiaro da tutta la documentazione, quindi...".

Avrebbero cambiato qualcosa? "No, no, no. Assolutamente no da quello che ne so" ha proseguito Rossi che alle critiche di oggi risponde di essere "stufo di queste cose e quelli che dicono le stronzate vanno fatti tacere" e che quanto accaduto nell'estate del 2006 non va riscritto perché "è storia".

mercoledì 7 dicembre 2011

Elogio di Galliani, talent scout di campioni con il mal di pancia



I milanisti di lungo corso sanno che la frequenza delle presenze di Adriano Galliani nella saletta riservata del ristorante Giannino in zona Centrale di Milano sia direttamente proporzionale alla sua attività preferita. Più si vede in compagnia ristretta, più significa che l’ex geometra, ora unico dirigente nella Hall of fame del calcio italiano, sta tessendo la sua tela pronto a mettere a segno il colpo. Non è un caso che il copione si sia ripetuto anche in queste sere con Galliani padrone di casa e l’agente iraniano Kia Joorabchian ospite unico. Tra una portata e l’altra i due hanno buttato giù i termini dell’accordo che legherà Tevez al Milan fino al 2015 e non è un modo di dire, perché la trattativa che regala l’Apache ad Allegri è nata attraverso canali ufficiali ma si è sviluppata e conclusa a cena. Aperitivo, primo, secondo e dolce. Al momento del caffè tutti d’accordo o quasi. Tevez alla fine costerà al Milan molto meno di quanto sarebbe costato in estate all’Inter (che difatti lo mollò) e di quanto era disposta ad offrire la Juventus.

Al netto del rendimento in campo e della convivenza che si annuncia difficile con il carattere di Ibra e dei nuovi compagni, il suo acquisto si iscrive alla galleria dei capolavori di Galliani. Una collezione che negli ultimi due anni si era già arricchita di quadri del calibro di Ibrahimovic (la Gioconda del calciomercato rossonero), Robinho, Cassano, Nocerino e Aquilani. Tutti presi a prezzo di saldo, con condizioni di pagamento strafavorevoli e strappandoli alla concorrenza non a colpi di milioni, ma potendo incassare anche sostanziosi sconti sull’ingaggio.

Merito di una fitta rete di procuratori e agenti amici capaci di consigliare al numero uno di via Turati quando alzare il telefono per sondare l’umore di campioni in crisi di identità o in rotta con la piazza, il tecnico o i compagni. E’ accaduto nell’estate scorsa quando l’alleanza con Raiola gli fece attendere gli ultimi giorni di mercato per portarsi via Ibrahimovic (e aggiungere come pacco regalo Robinho dal City) e si è ripetuto a gennaio con Cassano. Aquilani è stato pagato dal Milan meno di sei milioni di euro: alla Juventus il riscatto sarebbe costato il doppio. Nocerino è stato venduto dal Palermo quasi gratis (”Adriano me l’ha estorto” ha scherzato Zamparini).

Caratteri difficili? Forme fisiche abbondanti? Nessun problema per Galliani. Non sempre Milan Lab o i conti di via Turati hanno funzionato alla perfezione, però è un dato di fatto che, da quando la cassa di Berlusconi ha ricominciato a finanziare l’attività di mercato del Milan, lui si è tolto più di una soddisfazione riuscendo a fare dimenticare anche qualche delusione di troppo del passato. I 20 milioni per Oliveira, le cessioni di Davids e Vieira, gli innamoramenti per Rivaldo e Ronaldinho, le scommesse (perse) Kluivert, Roque Junior, Gourcuff, Gilardino. Giocatori spesso esplosi altrove o arrivati bolliti per questioni di marketing ma che non hanno incrinato la sua fiducia e la sua fama.
“Ricordo a tutti che questa è la dirigenza più vincente della storia del calcio” ama ripetere nei momenti difficili. E giù a snocciolare scudetti, coppe, supercoppe e trofei vari come un mantra. L’unico che gli piaccia di più rispetto all’altro con cui gli esperti di calciomercato hanno imparato ormai a misurarsi con pazienza infinita: “Il nostro mercato? Chiuso, anzi chiusissimo” risponde lui 365 giorni all’anno facendo la faccia cupa a chi mostra di nutrire qualche dubbio. Il tempo di girarsi e prendere il telefono per prenotare il solito tavolo da Giannino.

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martedì 6 dicembre 2011

Mancini e l'Italia che bara: ecco la frase che i media italiani hanno censurato


L'avrà anche pronunciata con un mezzo sorriso sulle labbra e probabilmente più per compiacere il suo attuale datore di lavore piuttosto che per insultare il Paese da cui arriva. Però la frase pronunciata da Roberto Mancini nella conferenza stampa pre-Bayern in risposta ai sospetti del presidente del Napoli De Laurentiis sugli "strani movimenti" di sceicchi "agitati" intorno a Villarreal-Napoli suona davvero sgradevole.

Il testo integrale - stranamente censurato dai siti di informazione italiana che hanno ripreso solo la frase "Fortunatamente lo sceicco Monsour non è italiano" va infatti oltre e accusa direttamente il nostro calcio (e di conseguenza il nostro Paese) di essere "maestra nel fare quello che De Laurentiis dice". Insomma di essere maestra nel cercare di intorbidare le acque, cercare scorciatoie, essere disposta a usare ogni mezzo pur di farcela.

Ha ragione? Il dibattito in sè potrebbe anche essere interessante. Il problema è che in quell'ambiente Roberto Mancini è cresciuto e si è arricchito. Ne è stato parte fino a ieri e oggi ne parla come se quella assenza di cultura non dipendesse un po' anche da lui. Diciamo la verità: siamo stanchi di allenatori, giocatori, sportivi italiani che appena mettono piede all'estero spuntano sul piatto da cui hanno mangiato fino a un minuto prima e dove sono pronti a tornare a nutrirsi non appena le ragioni del portafoglio dovessero tornare a essere convenienti. Mancini si scusi, anzi no. Se è convinto di quello che ha detto resti dov'è e il giorno in cui lo sceicco si sarà stufato di lui ci eviti la penosa litania della nostalgia di casa per giusiticare la 'scelta di vita' che lo riporterà su una panchina italiana. Ne facciamo volentieri a meno.

Giovanni Capuano

Se Blatter decide di cancellare Hurst


Chissà se Capello e gli inglesi ora chiederanno i danni. O se saranno i tedeschi a voler riscrivere la storia cancellando l’unico titolo mondiale british. Quello che è certo è che la palombella di Lampard in Sudafrica (palla dentro di oltre mezzo metro non vista e inglesi fuori contro la Germania) e il gol fantasma di Hurst nella finale di Wembley del ‘66 sono due degli episodi che hanno scritto la storia del calcio e, nel caso di Lampard, spinto la Fifa verso una scelta che rivoluzionerà le nostre abitudini di tifosi da poltrona. L’annuncio fatto da Blatter sull’intenzione di dare il via libera a marzo alla tecnologia in campo per i gol-non gol è rivoluzionario. Da anni il calcio si interroga su come adeguare ai tempi le dotazioni strumentali dei propri direttori di gara. Un tema ancora discusso visto che il presidente dell’Uefa (e probabile prossimo presidente della Fifa) Platini, ad esempio, continua a preferire gli arbitri di porta. L’apertura di Blatter, però, è di quelle che pesano e non potrà non influire sugli umori del’ International Board in programma a marzo.

Cosa accadrà? In quella sede verrà scritto nel regolamento del calcio che per determinare la validità o meno di una segnatura, se il dubbio è legato al superamento della linea da parte del pallone, il direttore di gara si potrà avvalere di strumenti tecnologici. Grazie a questo strategemma non sarà più possibile che il risultato in campo sia falsato da gol buoni (non visti) o fantasma (assegnati). Come quello di Hurst che decise la finale del ‘66 tra Inghilterra e Germania e che il Times ha inserito al primo posto nella classifica delle 50 reti che hanno cambiato la storia del calcio mondiale. O come il già citato pallonetto di Lampard nei quarti di Sudafrica 2010, per non dimenticare il tocco di Luis Garcia nella semifinale della Champions League 2004-2005 che sancì l’eliminazione del Chelsea di Mourinho da parte del Liverpool. Come la prese Mou? A modo suo e il gol dello spagnolo divenne il “gol che viene dalla luna”.

Anche noi dobbiamo qualcosa al dubbio ‘gol-non gol’. Fu un tiro di Rivera in un derby che spinse Sassi a inventare la moviola alla Domenica Sportiva: era il 22 ottobre 1967 e le immagini in bianco e nero del tempo dimostrarono che quel pallone non aveva varcato la linea. Trent’anni più tardi l’Italia del bar sport si divise per un inverno sulle reti fantasma di Bierhoff e dell’Empoli non convalidate a vantaggio della Juventus: ad aprile sarebbe arrivato Ceccarini con il contatto Iuliano-Ronaldo, madre di tutte le guerre di religione calcistica.

Il calcio, insomma, ha deciso di voltare pagina. Non sarà all’avanguardia. In altri sport si sono attrezzati da tempo. L’instant replay (o moviola o supporto tecologico) esiste già in quasi tutte le discipline professionistiche. C’è in tennis (si chiama ‘occhio di falco’), rugby (Tmo), volley, football americano, baseball, hockey su ghiaccio, cricket, sport motoristici e, addirittura, nei rodeo dove l’occhio della moviola aiuta a capire l’esatto istante in cui un cavaliere è stato disarcionato prima che la questione venga risolta alla maniera del vecchio West.In Italia abbiamo imparato ad apprezzare il valore della moviola in campo nella primavera del 2005. Si giocava la finale scudetto del basket tra Armani e Fortitudo: Douglas segnò da tre punti a fil di sirena, le immagini confermarono in un Forum strapieno e in attesa. Scudetto a Bologna e la rivoluzione era partita. Peccato che nel calcio sia arrivata (a meno di ripensamenti) con quasi dieci anni di ritardo.

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Milan-Tevez: il patto davanti a una torta. Ma a giugno chi parte?


Manca ancora qualche tassello, però la cena di ieri sera al ristorante Giannino con colpo di scena finale ha avvicinato notevolmente Tevez al Milan (foto tratta da Twitter-Corriere dello Sport) . Attorno al tavolo Adriano Galliani, Kia Joorabchian agente iraniano del giocatore e Beppe Riso che ne cura gli affari in Italia. Cena di piacere e di lavoro: due ore durante le quali le parti hanno consultato documenti, scritto fogli e limato le differenze in vista di un accordo definitivo che ormai è a un passo tanto che lo stesso a.d. rossonero, abbandonando ogni prudenza, ha ammesso di essere molto soddisfatto dell'incontro e smentito qualsiasi coinvolgimento nella trattativa di prelazioni del City su Pato e altri giocatori come scritto dai tabloid inglesi.
Cena con sorpresa finale: una torta per festeggiare l'iscrizione di Galliani nella Hall of fame del calcio italiano che il dirigente ha accolto ammiccando a Joorabchian con brindisi e augurio di poterla dedicare "anche a Carlitos".

Tutti i tasselli stanno andando, dunque, al loro posto con tempi e modi che soddisfano pienamento il Milan la cui base di trattativa è sempre stata l'arrivo in prestito gratuito con diritto di riscatto e la possibilità di aggregare il giocatore già per la preparazione di Capodanno a Dubai. Cosa è cambiato rispetto al primo faccia a faccia con il potente Joorabchian di dieci giorni fa? Intanto Tevez ha confermato una preferenza per il Milan allontanando ogni altra ipotesi a partire dalla Juventus che, infatti, si è ritirata dopo aver tentato un rilancio e che dalla 'pax' con i rossoneri potrebbe guadagnare il via libera per Montolivo. Poi nel giro di poche ore hanno perso consistenza anche gli ultimi disturbi esterni a partire dal Corinthians fresco campione di Brasile. Il Galliani che ieri mattina a Firenze chiedeva con poca convinzione di "non essere costretto a dire una bugia", aveva da poco incassato il via libera del City a contattare ufficialmente l'entourage del giocatore, mossa che - quando si parla di top player - segna spesso la fine dei preliminari e l'inizio della trattativa vera e propria.

Le parole di Joorabchian non ingannino. I dettagli da sistemare restano e non sarà facile convincere Monsour ad accettare una formula di cessione con modalità e tempistiche di favore per il Milan, però le basi sono state poste. Fino a giugno Tevez prenderà il posto di Cassano nella rosa di attaccanti di Allegri che perderà anche Inzaghi e, probabilmente, El Shaarawy destinato a partire in prestito. Poi in estate Galliani sarà chiamato a sciogliere il nodo per evitare un ingorgo difficile da gestire a livello tecnico quanto economico. L'investimento per l'argentino non potrà essere inferiore ai 25 milioni di euro e appesantirà il bilancio di via Turati di uno stipendio da almeno 7-8 milioni di euro netti. Può permetterselo il Milan? Sì, a patto di perderne uno di pari importanza come accaduto un anno fa con lo 'scambio' a distanza di pochi mesi tra Ronaldinho e Ibrahimovic e come lo stesso Galliani ebbe modo di confermare nel giorno dell'assemblea dei soci che certificò il rosso da 69,8 milioni di euro. Allora disse: "Dovremo ridurre per forza ridurre il monte stipendi per rientrare nei parametri del Fair Play". Malgrado tutto nell'ultimo bilancio il costo complessivo del personale è aumentato fino a toccare quota 192 milioni di euro e anche la campagna di rinnovi al ribasso e il sacrificio di Pirlo non hanno consentito al Milan di scendere sotto i 160 milioni di euro lordi.

Chi sarà sacrificato? Ad oggi il monte stipendi delle punte rossonere ammonta a 22,4 milioni di euro netti (quasi 45 lordi): Ibrahimovic 9 milioni (scadenza 2015), Robinho 5 (2014), Pato 4 (2014), Cassano 2,7 (2014), Inzaghi 1 (2012) ed El Shaarawy 0,7 (2016). Tolti Inzaghi, Cassano ed El Shaarawy restano Ibra, Pato e Robinho. Tornano alla mente gli spifferi di quest'autunno. Il mal di pancia dello svedese e il retroscena dell'aumento chiesto a scudetto conquistato e rifiutato da Galliani. Se, come sembra ormai evidente, Tevez si aggregherà al Milan per volare in Dubai a inizio gennaio logica vuole che a giugno un big finisca sul mercato. Gli indizi portano a Ibra, ma se Pato non dovesse dare garanzie sulla sua tenuta fisica...

Giovanni Capuano