mercoledì 26 ottobre 2011

Il coraggio di Gattuso e la storia di Hannes, vice campione del Mondo senza vederci da un occhio



La toccante e dolorosa vicenda personale di Rino Gattuso che, con grande coraggio, il centrocampista rossonero ha deciso di raccontare senza nascondere nulla, permette di riportare alla memoria la figura di un giocatore unico che attraversò con la sua parabola la storia del calcio tedesco negli anni Sessanta e Settanta arrivando a vestire la maglia della nazionale. E’ la storia di Wilfried Hannes, classe 1957, attaccante prima e libero poi. Una delle colonne del Borussia Moenchengladbach di Udo Lattek capace di monopolizzare la Bundesliga per tre anni di fila (1975, 1976 e 1977) e di vincere anche in Europa (due volte la Coppa Uefa nel 1975 e 1979). 

Fortissimo di testa a in possesso di un tiro potente e preciso, raccontano le cronache dell’epoca. Così forte da convincere Jupp Derwall a fargli indossare per otto volte la maglia della Germania Ovest al fianco di fuoriclasse come Schumacher, Breitner, Magath, Rummenigge e dei fratelli Forster con i quali divise anche l’esperienza dei mondiali spagnoli del 1982 durante i quali, però, non riuscì mai a mettere il piede in campo.

C’era anche lui nella notte di Madrid che regalò all’Italia il terzo titolo mondiale, quello di Pablito e dell’urlo di Tardelli. E c’era anche nella sera del 25 maggio 1977 all’Olimpico di Roma quando un Liverpool leggendario sbarrò al Borussia la strada per la conquista della Coppa dei Campioni. Due delusioni che avrebbero segnato la vita di chiunque ma non di Hannes, che era conosciuto (ed amato) da tutti soprattutto per quello sguardo un po’ così, perso in una ciuffo di capelli neri secondo le mode del tempo, fisso, a tratti perso, che gli derivava dall’impossibilità di usare l’occhio destro. Un tumore maligno se l’era portato via quando era ancora un bambino insieme alle speranze di poter continuare a inseguire un pallone su un campo di calcio. Così, almeno, gli avevano pronosticato i medici. Hannes, però, non si era arreso e sul suo talento e sulla sua dedizione aveva costruito una carriera straordinaria. Una vicenda che torna alla memoria oggi perché Gattuso, con il coraggio per nulla scontato di mostrarsi alle telecamere nella sua debolezza di uomo malato e nella sua determinazione a non voler mollare, merita certamente di essere iscritto alla stessa categoria di Hannes che è poi quella dei Pistorius e dei tanti che non si arrendono anche davanti a un handicap fisico. Una lezione per chi continua a considerarli ammirevoli purché restino confinati nella riserva dei ‘paralimpici’.

Giovanni Capuano

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