venerdì 28 ottobre 2011

E nella bolgia di San Siro finì Rizzoli, l'arbitro che tutti chiamavano 'fifone'


Alla fine Braschi ha scelto l’unico che poteva scegliere. Non Tagliavento, poco amato dalle parti di Milano dopo l’Inter-Sampdoria delle manette di Mourinho. Men che meno Rocchi, reduce dagli scempi contro il Napoli. Bergonzi? Discusso a Novara. Orsato? Bocciato a Catania. Brighi? Cancellato a Palermo come il mani da rigore ed espulsione di Migliaccio. Mazzoleni? Così così contro la Roma. Insomma, alla fine Braschi non ha potuto fare altro che chiamare Nicola Rizzoli a scendere nella bolgia di San Siro in quello che sembra essersi trasformato nel giorno del giudizio. Una designazione annunciata, tanto è vero che – dopo aver diretto (bene) i bianconeri contro il Milan alla sesta giornata – Rizzoli era stato tenuto prudentemente lontano da ogni rischio e spedito a fare fiato in un facile Siena-Cesena.

Quaranta anni appena compiuti, internazionale dal 2007 e con alle spalle la direzione di una finale di Europa League (stagione 2009/2010), Rizzoli non è però un arbitro qualunque. E’ l’uomo dei ‘vaffanculo’ urlati in faccia da Totti a Udine (aprile 2008) e costati al capitano romanista solo un’ammonizione in campo e una multa da mille euro poi grazie soprattutto a un referto soft che gli valse un paragone tra la “sua schiena e la torre Garisenda (famosa perché obliqua ndr.)da parte dei moviolisti della Gazzetta e il giudizio tutt’altro che lusinghiero del presidente dell’Aia Gussoni secondo il quale era stata scritta una “pagina nera per l’arbitraggio”.

Da quel giorno Rizzoli ha fatto molta strada, senza mai riuscire però a restare lontano da polemiche e accuse. Collina dovette fermarlo dopo una sfida torrida tra Inter e Roma decisa da un rigore farlocco fischiato a Balotelli che aprì alla rimonta nerazzurra da 1-3 a 3-3 e scatenò la rabbia di De Rossi (“Gli arbitri sembrano tratti in inganno sempre dalla stessa parte”). Tredici mesi e furono gli interisti a lamentarsi dopo la caccia all’uomo nella finale di Coppa Italia chiusa dal calcione di Totti a Supermario. Poi toccò a Mazzarri dopo Napoli-Milan 1-2 giocata dai partenopei con un uomo in meno per tutto un tempo (“Arbitraggio senza uniformità di giudizio… Siamo stati danneggiati”). Quindi fu la volta di Marotta per un rigore concesso all’ultimo secondo alla Roma (mani di Pepe) che tarpò le ali alla Juventus e spinse il direttore generale in sala stampa per sottolineare una prestazione secondo lui “largamente insufficiente”. Rizzoli che con un altro fischio su un falli di mano al novantesimo aveva cancellato una vittoria bianconera anche nell’ottobre 2007 contro la Fiorentina con contorno di polemiche rabbiose.

Le ultime apparizioni sui radar delle moviole sono recenti. Aprile 2010, derby-scudetto a San Siro che il Milan stravince (3-0) ma che costa a Rizzoli e ai suoi collaboratori una sonora bocciatura: mani di Maicon non visto, fuorigioco di Robinho e Pato sui primi due gol del Milan non visti, dubbi sparsi sul gol-non gol di Thiago Motta. Poi, lo scorso 6 agosto, la rivincita a Pechino nella finale di Supercoppa. Il trofeo lo alzano i rossoneri in rimonta. L’Inter mastica amaro e protesta per un presunto vizio di Boateng nell’azione del pareggio di Ibra. E’ estate e gli animi si raffreddano in fretta sotto l’ombrellone. Poi arriva il campionato, la striscia di rigori contro e Moratti esplode. Ora tocca a Rizzoli uscire indenne da San Siro. Per quello che veniva definito “arbitro fifone” sarà un test durissimo.

Giovanni Capuano

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