martedì 31 gennaio 2012

Il ritorno del Mondo


di Giovanni Capuano

Un anno fa aveva pianto spiegando al mondo che forse non sarebbe più tornato perché l'avversario che aveva davanti era il più duro di tutti. Aveva pianto e poi si era consegnato nelle mani dei medici per cercare di sconfiggere la 'bestia' che si era impadronita del suo corpo e lo costringeva ad abbandonare. Piangeva Emiliano Mondonico e aveva gli occhi tristi anche a giugno perché il sogno di aver sconfitto il tumore si era presto rivelato un'illusione e anche il rientro miracoloso sulla panchina dell'Albinoleffe, giusto in tempo per salvarlo, rischiava di restare solo una parentesi. Invece eccolo di nuovo qui, un anno esatto dopo le lacrime perché - come ha spiegato lui emozionato dopo aver avuto la certezza del ritorno - "la vita a volte è un cerchio che si chiude" e il suo cerchio è stato lungo dodici mesi, due operazioni, il dolore e la paura delle terapie che regalano speranze e mai certezze.

La scelta del Novara di affidare al Mondo le scarse possibilità di permanenza in serie A restituisce al calcio italiano uno dei protagonisti più amati, un uomo da oltre settecento panchine e una sedia, quella sollevata al cielo di Amsterdam nell'immagine icona dell'emozionante cavalcata del Torino in Uefa finita male contro l'Ajax e costata ad Emiliano una squalifica europea che il destino non gli ha mai consentito di scontare.

Non è mai stato un allenatore morbido. Sempre ai margini del grande calcio eppure capace di fare grande calcio in provincia. L'architetto della Cremonese spettacolo ricca di giovani talenti, il maestro dell'Atalanta arrivata a un passo dal paradiso europeo e poi ricacciata indietro, la guida del Torino più bello dopo quello dello scudetto e - infine - il saggio traghettatore del piccolo Albinoleffe a due passi da casa sua, nella campagna dell'Adda, la terra che non ha mai lasciato e dove si è rifugiato anche per sconfiggere la 'bestia'. Mondonico è sempre stato un uomo scomodo, spigoloso, allergico ai poteri forti e per questo emarginato dal grande giro. Un carattere forte che gli ha permesso di trovare il coraggio di raccontare a tutti la sua malattia e di cominciare a combatterla così, senza nascondersi.

Anche per questo il suo ritorno viene festeggiato oggi da tutti. "Torno a fare la vita che ho sempre fatto" ha sussurrato al telefono Mondonico. Sorriderà anche Tesser, che gli lascia il posto e al quale il Mondo ha dedicato il primo pensiero ricordandone le telefonate durante la lunga malattia: "Il calcio e anche la vita sono fatti anche di queste cose". Giusto. E la vita può anche riservare il peggio e poi regalare un'emozione intensa come il ritorno dopo un anno lontano.

Avrà poco tempo per commuoversi. In quattro giorni si giocherà gran parte delle chance di raggiungere l'obiettivo che il presidente Di Salvo gli ha affidato: salvare il Novara. Impresa impossibile. Sulla panchina di Tesser avrebbero potuto sedersi in tanti. E' bello che lo faccia lui, l'uomo che visse due volte e che ora è tornato dopo aver sconfitto l'avversario più cattivo e difficile.

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