giovedì 12 gennaio 2012

Il Milan dei Berlusconi e la distruzione del mito di Galliani


di Giovanni Capuano

Saranno ricordati come i venti minuti più folli della storia del calciomercato. Un terremoto destinato a propagare le sue onde telluriche a lungo perché quanto accaduto tra le 16,30 e le 16,50 di ieri sull'asse Milano-Parigi-Londra è qualcosa che ha pochi precedenti in società di altissimo livello come è il Milan. Sbaglia chi paragona il dietrofront di Pato a quello invernale di Kakà che fece da preludio alla cessione estiva al Real Madrid: allora Berlusconi aveva scelto di cavalcare il rifiuto del brasiliano a trasferirsi a Manchester per trasformarlo in un regalo (a tempo determinato) ai tifosi.

Galliani ha citato i casi di Vialli e Boban: entrambi no che fecero rumore ma nessuno di loro con le conseguenze che rischia di avere il balletto messo in scena davanti agli esterrefatti dirigenti del Manchester City, andati a pranzo convinti di aver chiuso e trovatisi a merenda con un problema grosso come una casa.

Vale la pena allora fare un veloce vademecum delle situazione che nei prossimi mesi bisogna tenere sotto controllo per interpretare le evoluzioni del mondo-Milan.

TEVEZ SI' O TEVEZ NO - Scena registrata dalle telecamere in zona Soho a Londra, una manciata di minuti dopo il naufragio della trattativa. Galliani, Cantamessa e Joorabchian entrano in un bar e chiaccherano amabilmente prima di accorgersi di essere ripresi. L'atmosfera non è quella di due manager che si sono appena lasciati male a un tavolo saltato. L'ad del Milan lascia intendere di sapere molto sulla posizione di Tevez e non esclude di tornare a parlare con il Manchester. L'agente del giocatore fa filtrare la volontà di non rinnegare il patto con via Turati. Non risultano ancora offerte ufficiali dell'Inter all'argentino e, anzi, i dirigenti nerazzurri sono sembrati i primi a essere sorpresi dell'epilogo della giornata. E se Galliani concordasse con Raiola una partenza a giugno di Robinho?

ALLEGRI, RINNOVO PIU' LONTANO - Pato ceduto al Psg e Tevez al Milan avrebbe rappresentato la conferma che la società condivideva il giudizio di Allegri sul Papero e lo appoggiava sino al punto di fare una scelta traumatica. Da oggi sarebbe stata in discesa anche la strada verso il rinnovo che qualche indiscrezione voleva addirittura firmato prima del derby proprio per cancellare in 48 ore tutte le incertezze che stanno disorientando il gruppo. Ora, invece, si torna alla casella iniziale con un'aggravante: Pato tolto dal mercato e rimesso al centro del progetto acquista una forza nuova nei confronti dell'allenatore. Con che coraggio Allegri continuerà a ignorare i diktat di Berlusconi che vuole Pato titolare e vicino alla porta? Il derby rischia di essere il primo di una lunga serie di esami per il tecnico livornese.

IL MAL DI PANCIA DI IBRA - Nell'elenco degli sconfitti bisogna inserire anche Ibrahimovic. Lo svedese non ha mai nascosto di non amare la convivenza con Pato. Lo ha detto nell'ottobre 2010 ("Preferisco Inzaghi perché con i brasiliani non faccio il mio gioco") e ripetuto quest'autunno ("Cassano è la mia spalla ideale"). Un'antipatia ricambiata dal diretto interessato come confermato dalla gelida intervista del 27 dicembre ("Ibra? So che ha moglie e due figli..."). Cedere il Papero avrebbe aumentato il peso di Zlatan nello spogliatoio, non farlo equivale a metterne in discussione la leadership tecnica. E' la prima volta che accade al Milan: come reagirà?

IL RINNOVO DI PATO - Chiudendo la porta in faccia al Psg Pato ha rinunciato a un contratto quadriennale da quasi 7 milioni di euro. Tra l'offerta dei francesi rispedita al mittente e la sua attuale situazione economica ballano 20 milioni di euro netti essendo il giocatore in scadenza nel giugno 2014 con uno stipendio da circa 4 milioni ben lontano dai 9 di Ibrahimovic. E' impensabile che nei prossimi mesi Gilmar Veloz non bussi alla porta di Galliani per trattare un rinnovo al rialzo. Anche partendo dalla considerazione che a Tevez veniva offerto quasi il 50% in più. E il tempo sarà un nemico del Milan che non ha alcun interesse ad entrare nell'ultimo anno di contratto senza aver trovato un accordo (De Rossi insegna).

IL RITORNO DI RE SILVIO - Belusconi ama dire che ai bei tempi, quando non aveva doveri politici, era lui ad occuparsi di tutto al Milan, dal mercato alle formazioni. Che in primavera torni presidente è stato annunciato praticamente il giorno dopo la caduta del suo governo. Da allora i suoi interventi si sono moltiplicati e sono parsi più critici che elogiativi della condotta di tecnico e dirigenti. Che qualcosa non quadrasse lo si era capito pragonando gli entusiasmi di Galliani e la freddezza di Silvio sulla vicenda Tevez.

L'epilogo della vicenda suona come sconfessione piena delle scelte del proprio amministratore delegato esposto a una brutta figura storica. Non è la prima volta che accade, ma negli ultimi due anni sta succedendo un po' troppo spesso. Il divorzio da Ancelotti, ad esempio, fu voluto da Berlusconi contro il parere di Galliani e lo stesso accadde con Leonardo. Allegri pareva una scelta condivisa ma non sfugge che la società era pronta al rinnovo mentre il proprietario cominciava a cannoneggiare l'allenatore con 'consigli' tecnici, paragoni catalani e critiche sempre meno velate. Che il plenipoteziario rossonero sia destinato a un ridimensionamento? In fondo i Berlusconi in società ora sono due ed entrambi, seppure per motivi diversi, pesano parecchio.

GUARDIOLA L'INDECISO - E' solo una suggestione, però fino al giorno in cui Guardiola non firmerà il rinnovo con il Barcellona è lecito porsi domande sul suo futuro. Impossibile sostenere che non piaccia a Berlusconi almeno quanto è apprezzato da Moratti. E se Allegri dovesse incartarsi in una stagione difficile...

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