giovedì 23 febbraio 2012

La vera storia del divorzio tra Pirlo e il Milan



A convincere Andrea Pirlo che la sua storia al Milan era finita è stata una frase pronunciata in via Turati durante l’incontro per il suo rinnovo di contratto: “Vogliamo che resti ma devi cambiare ruolo”. Parole che per il centrocampista di Flero sono state la conferma che nel modulo di Allegri non c’era più posto per lui e l’hanno spinto a dare il via libera al suo procuratore perché gli trovasse una nuova squadra. Il retroscena che Panorama.it ha ricostruito nelle ore di vigilia della sfida scudetto di San Siro che Pirlo vivrà con la maglia della Juventus contro la squadra che ha reso grande in un decennio di vittorie.

A differenza di quanto detto e scritto la scorsa estate non ci fu una trattativa economica per il rinnovo e nemmeno il tempo per discutere sulla proposta annuale al ribasso che il Milan - secondo la nuova linea scelta da Galliani - aveva ipotizzato per lui. Davanti alla prospettiva di dover abbandonare in maniera stabile il suo ruolo davanti alla difesa Pirlo disse no. “Fino a qui mi sono adattato ma adesso basta” fu il suo pensiero.

Un no sofferto per chi aveva atteso fino all’ultimo l’incontro con la società e il chiarimento con Allegri dopo una stagione a due facce in cui la partenza era stata in linea con il passato (sempre in campo nelle prime dieci giornate, 14 presenze su 17 a dicembre) e la seconda parte una lenta e difficile risalita. In mezzo l’infortunio muscolare patito contro la Roma. Era la vigilia di Natale. Il Milan era in testa alla classifica ma al suo ritorno Pirlo lo trovò profondamente cambiato, con un mediano di rottura (Van Bommel) al suo posto ed equilibri che non prevedevano più la sua regia se non nella posizione di interno a centrocampo. Un ruolo alla Xavi cui Pirlo si era “adattato” senza troppa convinzione.

Una situazione che ha pesato ed è stata decisiva nelle ore in cui - a festa scudetto consumata - Galliani ha ricevuto gli uomini in scadenza di contratto per ragionare del futuro. “Devi cambiare ruolo” è stata la frase che lo ha convinto anche se all’esterno filtravano voci diverse, di una trattativa economica giocata sulla differenza tra domanda e offerta (triennale contro rinnovo per un anno) che secondo il giocatore non era rispettosa della sua carriera. In quelle ore non ci fu trattativa ma solo la presa di coscienza che non esistevano più le condizioni per proseguire il rapporto.

Nessuna polemica ma certamente un grande dispiacere per Pirlo. Ricordate? Lasciando la sede del Milan il 18 maggio si lasciò sfuggire sibillino cosa aveva dentro: “Mi rimpiangeranno? Spero di sì”. Oggi che Andrea è il trascinatore della Juventus capolista (anche se lui non vuol sentire parlare di essere l’uomo determinante nella svolta bianconera) a Milano in tanti stanno ripensando alla decisione di chiudere il rapporto con il regista inventato da Ancelotti e che avrebbe meritato almeno un Pallone d’Oro. Di tanto in tanto si cerca una spiegazione. “Aveva bisogno di nuovi stimoli” ha detto Allegri in questa vigilia. O, ancora, si racconta che era diventato troppo pesante sul bilancio di via Turati. Nulla di tutto questo.

La Juventus l’ha conquistato dicendogli le parole che avrebbe voluto sentir pronunciare al Milan: “Vieni da noi… Sarai il centro del nostro progetto e vogliamo tornare a vincere in fretta”. Musica per le orecchie di Pirlo che - seppure nel riserbo che lo contraddistingue - non accetta l’idea di essere considerato un calciatore rigenerato dal trasferimento. Se c’è una cosa che lo infastidisce, infatti, sono le voci di chi lo descriveva come finito dopo l’infortunio di dicembre. Un venticello che lo ha accompagnato per mesi: “Pirlo è finito, non corre più, non serve”. Lui che ancora nella stagione precedente con Leonardo era stato il centrocampista più utilizzato (34 presenze su 38). “Tutte cazzate” pensava inseguendo un progetto che lo rimettesse dove era sempre stato e dove era pronto a scommettere di poter rimanere ancora a lungo. Una convinzione più forte di qualsiasi offerta economica. La Juventus ha creduto in lui. Conte si è fidato della scelta di Marotta e ora si presenta a San Siro con l’uomo che molti milanisti rimpiangono. Sotto voce.

3 commenti:

  1. io tutti questi rimpianti proprio non li vedo, piuttosto vedo qualche strumentalizzazione di comodo. Pirlo era (è) un'arma a doppio taglio e le palle perse a tre metri dalla propria area e i pareggi contro le piccole (che dai tempi di Ancelotti sanno a memoria come ingabbiare Pirlo e ingolfare di conseguenza tutto il gioco) ne sono la dimostrazione. I milanisti hanno ammirato quasi 10 anni di Pirlo, e le partite in cui la squadra "muore" a livello di gioco perchè l'avversario ingabbia Pirlo sono tantissimissime... scommetterei che se le ricordano in tanti: tant'è che le "novità" tattiche di Allegri al suo primo anno sono state salutate da tutti come manna dal cielo. Pirlo è un campione che però ti costringe ad attuare una tipologia di gioco in cui lui è l'unica sorgente: è sufficiente annullare lui per annullare tutto l'impianto tattico. Nel milan sarà successo mille volte ed è innegabile che sia andata così in più di un'occasione anche quest'anno in bianconero. Non sempre le squadre minori riescono a imbrigliarlo a dovere, non sempre si ottiene il risultato di azzerare le idee dei suoi compagni di squadra, ma credo sia indiscutibile che il sistema di gioco così pirlo-centrico a cui ti obbliga la sua presenza sia un rischio molto grosso che, soprattutto sulla lunga distanza (parliamo di stagioni al plurale), ti si può ritorcere contro.

    Lo sbaglio vero del milan (a parte lasciarlo andare gratis) è stato permettere che Pirlo andasse a rinforzare la diretta concorrente (l'ideale sarebbe stato l'estero, di certo non la Juve). Ma non ricordo moti di piazza - nemmeno sotto voce - al momento del divorzio.

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  2. mi sembra che il milan avesse due scelte: tenersi pirlo o lasciare che andasse dove voleva. se errore c'è stato, è stato lasciarlo andare. e la responsabilità è principalmente di zio fester, visto che non mi sembra che allegri sia personaggio dotato del carisma e della considerazione necessari per prendere simili decisioni. certo, se le cose andassero male, il parafulmine lo farà il tecnico.

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  3. le responsabilità sono tutte di galliani e ci mancherebbe altro: è lui che firma, è lui che prende lo stipendio di a.d. Allegri ha semplicemente dimostrato che in campo il milan poteva fare a meno di lui, il che - se mi è consentito - vale come una specie di assist alla dirigenza.
    Personalmente (ma non succederà mai) mi auguro che succeda la stessa cosa con ibra: spero davvero che un giorno il sistema di gioco impostato da allegri possa fare a meno di un giocatore così decisivo (ma vincolante).

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