mercoledì 8 febbraio 2012

Roma 2020 - I vip dello sport spingono Monti ma le Olimpiadi sono davvero un affare?



L’incubo dello sport italiano è che alla fine Mario Monti decida di non mettere la sua firma sotto il documento di garanzia che il governo italiano deve presentare entre il prossimo 15 febbraio a sostegno della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020. Un pessimismo che serpeggia malgrado le rassicurazioni fornite al Coni e i numeri contenuti della relazione della commissione Fortis presentati allo stesso Monti e ai ministri competenti a inizio gennaio. Da allora il presidente del Consiglio non si è sbilanciato se non garantendo una risposta entro i termini imposti dal Cio: meno del minimo sindacale tanto da spingere il Comitato organizzatore e la Fondazione Roma 2020 a lanciare un vero e proprio appello sottoscritto da sessanta campioni dello sport italiano.

Da Federica Pellegrini a Valentino Rossi, da Francesco Totti e Gigi Buffon a Valentina Vezzali: tutti schierati per chiedere a Monti “di non far mancare il sostegno del governo” a una sfida che rappresenta “un’occasione irripetibile per il rilancio e lo sviluppo del Paese”. Parole forti se firmate dalla meglio gioventù dello sport azzurro e che, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbero forzare la mano al premier che sul tavolo ha, in queste ore, il dossier sui costi e benefici della candidatura olimpica per il 2020 e che deve necessariamente fare i conti con i rigori di bilancio imposti dalla situazione economica e finanziaria italiana.

Soprattutto per questo il Coni - al di là delle mozioni d’affetto dei suoi campioni - continua a battere sui risultati della commissione Fortis secondo la quale l’organizzazione dei Giochi sarebbe a costo zero per le casse pubbliche italiane e produrrebbe una crescita del Pil pari a 17,7 miliardi di euro nel periodo 2012-2025 con un impatto stimato nel +1,4% e la creazione di 29mila posti di lavoro nell’anno olimpico e 12mila in quelli precedenti e successivi per un totale di 170mila. La spesa stimata di 9,8 miliardi di euro di cui lo Stato dovrebbe garantirne 8,2 sarebbe - secondo le stime della commissione - coperta quasi interamente da contributi di privati alle spese di organizzazione (2,5 miliardi di euro), ricavi del Comitato organizzatore (biglietti, diritti tv, sponsor e altro per un totale di 2,3 miliardi di euro), valorizzazione del patrimonio immobiliare (1,2 miliardi di euro) e maggior gettito erariale (4,6 miliardi di euro) con un disavanzo di ’soli’ 100 milioni di euro quasi ininfluente per un investimento di immagine oltre che economico di queste dimensioni.

Pesano, però, i precedenti in Italia e non solo. Restando al nostro Paese è impossibile dimenticare il flop e gli scandali di Italia ‘90: 1.248 miliardi delle vecchie lire spesi solo per la ristrutturazione degli stadi che ospitarono i Mondiali con costi cresciuti dell’84% rispetto al budget iniziale. Oppure far finta di niente di fronte alle inchieste sui Mondiali di nuoto a Roma nel 2009 con costi gonfiati a dismisura, impianti finanziati e mai aperti e il sospetto di speculazioni edilizie per cui è aperta una vicenda giudiziaria in cui l’unica certezza pare essere che l’evento sportivo ha rappresentato una fenomenale occasione di sperpero di denaro pubblico.

Anche all’estero, però, l’esperienza olimpica ha lasciato il segno. Solo per restare alle ultime edizioni, l’incubo del governo è che possa ripetersi l’esperienza di Atene 2004. I Giochi sarebbero dovuti costare 4,5 miliardi di euro ai contribuenti greci e invece pesarono per oltre il doppio con un impatto sull’economia che ha fatto schizzare il rapporto tra deficit e Pil al 6,1%, il doppio di quanto previsto dai parametri di Maastricht. Non è stato un caso isolato. Recenti indagini sui conti di Pechino 2008 hanno segnalato come gli enti pubblici cinesi si siano indebitati con le banche per coprire i costi record da 70 miliardi di euro con mutui da 2,5 miliardi di euro più interessi per il 2012 e via via a crescere per fino al 2018. Per Londra 2012 la previsione di spesa è contenuta a 15 miliardi di dollari e i consuntivi saranno possibili solo tra un paio di anni.

A Torino nel 2006 il deficit fu contenuto (intorno ai 40 milioni di euro su un budget da 1,5 miliardi di euro) ma in ogni caso non si riuscì a fare profitto come, invece, accaduto a Salt Lake City nel 2002. Ma si sta parlando di Olimpiadi invernali che storicamente rappresentano voci di spesa e di rischio molto più contenute rispetto a quelle estive. Lo stesso Cio se ne è accorto chiedendo che i dossier di candidatura per l’edizione del 2020 non fossero affetti da ‘gigantismo’ dopo gli eccessi cinesi.

Numeri e precedenti peseranno non poco nella scelta di Monti che è al bivio: regalare all’Italia un sogno su cui provare a costruire una ripresa anche a livello di immagine o piegare tutto alla feroce logica del rigore e del contenimento delle spese? Il timore dello sport italiano è che alla fine possa prevalere questa seconda linea malgrado l’appoggio alla candidatura che oggi è trasversale con l’eccezione della Lega e di parte dell’IdV. Un bivio difficile come testimonia il tempo che Monti si sta prendendo per decidere.

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