giovedì 15 marzo 2012

La scommessa vinta di De Laurentiis



Se non si vuole prendere come paradigma il miracolo dell’Apoel entrato tra le prime otto con un budget che in Italia sarebbe a mala pena sufficiente per fare la serie B, non si può non considerare l’avventura del Napoli in Champions un successo pieno. Peccato per il crollo di Stamford Bridge e la serata storta dei migliori. Peccato per il traguardo storico sfumato che avrebbe consentito di mettersi alle spalle anche il grande Napoli di Maradona.

Però la corsa fino alla notte di Londra merita di essere giudicata per quello che è: l’ennesima tappa di crescita di una società restituita al grande calcio quando sembrava persa per sempre e che oggi rappresenta un metro di paragone non solo in Italia ma anche in Europa. A dirlo è niente meno che il presidente dell’Uefa Platini al quale le uscite di De Laurentiis non piacciono, ma che non ha mancato anche recentemente di inserire il Napoli tra gli esempi virtuosi.

Soldi e campioni, conti in ordine e risultati in campo. Un mix che a Napoli sta riuscendo e che proprio l’esperienza in Champions League potrà ulteriormente aiutare a crescere. Da cinque anni il bilancio si chiude con ricavi e non perdite (quasi 30 milioni di profitti complessivi) e De Laurentiis si è già visto tornare con gli interessi l’investimento iniziale da 32 milioni di euro dell’estate 2004 quando andò in Tribunale a rilevare una società fallita e che oggi rappresenta oltre il 70% dei ricavi del suo intero gruppo imprenditoriale, il doppio ad esempio della sezione cinema per la quale era noto prima dell’avventura calcistica.

C’è un esempio che meglio di tutti spiega cosa sia stato il miracolo Napoli. Nel 2006-2007 la squadra si trovava in serie B (proveniente dalla C) insieme alla Juventus. Da allora la famiglia Agnelli ha dovuto ricapitalizzare per 144 milioni di euro chiedendo anche uno sforzo da una quarantina ai risparmiatori e agli altri soci nell’ultimo aumento di capitale dello scorso autunno. Il Napoli ha fatto profitti e triplicato il fatturato da 38 a 115 milioni di euro.

Solo nella cavalcata europea appena conclusa la società ha incassato in premi 13,4 milioni di euro cui aggiungere gli incassi del San Paolo (esaurito sempre contro Bayern, Manchester City, Villareal e Chelsea) e i diritti tv. Una tombola che consentirà di scalare rapidamente la classifica europea dove già nella passata stagione Napoli è entrata nelle top20 per fatturati.

Una montagna di soldi che alimenteranno la campagna sul mercato per rinforzare una squadra che si è dimostrata già a livello Champions dalla cintola in su, ma che necessita investimenti in difesa e per dare qualche alternativa a Mazzarri. Il tecnico, confermatissimo da De Laurentiis, sarà chiamato nei prossimi mesi alla sfida più difficile: confermarsi all’altezza della piazza. I rapporti con il patron sono da sempre all’insegna del ’sereno variabile’.

Un anno fa il tiramolla sulla permanenza perché suonavano le sirene juventine. Ora l’interesse di Moratti (”Mazzarri è bravo perché fa giocare i suoi campioni nel modo giusto” gli ha detto in diretta recentemente) e qualche frecciata che in società non è piaciuta come quando l’allenatore toscano si è ascritto tutti i meriti per il salto di qualità del Napoli. Il ko di Stamford Bridge gli ha tolto di mezzo, quasi per paradosso, un possibile concorrente.
Il vero vincitore della serata è stato infatti Roberto Di Matteo, mister per caso sulla panchina che fu di Andrè Villas Boas. Vedere la vecchia guardia del Chelsea battersi come in un’arena e fare la differenza ha fatto scattare in molti il pensiero che il problema fosse proprio AVB. Il Chelsea non poteva essere quello brutto messo in mostra dal portoghese che potrebbe sbarcare a Milano ma piace anche a De Laurentiis e che, però, esce a pezzi dall’esperienza inglese.
Di Matteo ha rimesso in linea di galleggiamento la barca che stava affondando: tre vittorie su tre e strada in Champions ancora aperta. Si è guadagnato la chance di giocarsela come fece l’israeliano Grant dopo l’esonero di Mourinho arrivando fino alla finale di Mosca persa per una scivolata di Terry sul dischetto del rigore. Il calcio racconta anche queste storie.

2 commenti:

  1. ma in un paese in cui il calcio è la prosecuzione della politica con altri mezzi, bisogna vedere quali sono i meriti reali di de laurentis e quale è la grossa rendita di posizione del trovarsi a fare il presidente di calcio in una città con problemi immani in cui tutto ciò che distoglie l'attenzione dagli stessi è manna che piove dl cielo. proprio tutto il contrario di agnelli costretto a marciare contromano e controvento.

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  2. beh, cosa aggiungere? si è andati oltre ogni limite. sono veramente spossato, ma dopo la notte di udine e altre perle varie assortite, più che di arbitraggi, mi sembra si debba parlare di teppismo e killeraggio allo stato puro. il napoli DEVE rifare la champions a prescindere, senza alcun bisogno di associazioni a delinquere, preferibilmente senza preliminari. così è se vi pare.

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