mercoledì 14 marzo 2012

INCHIESTA - Viaggio nella crisi dell'Inter. Gli errori di Moratti e un club che ha perso potere



La caduta degli dei porta sempre con sè qualcosa di epico. Fu drammatico il passo d’addio della Grande Inter di Moratti padre, dissolta in pochi giorni dal Celtic e dalla fatal Mantova tra papere, lacrime e recriminazioni. O le nazionali azzurre salite sul tetto del mondo e poi precipitate con grande fragore in Messico e Sudafrica. Gruppi vincenti legati indissolubilmente al destino delle loro squadre.

Perché adesso è facile dire a Moratti (figlio) che nella notte di Madrid avrebbe dovuto ragionare da grande manager, mandare via Milito e Maicon che spingevano per seguire Mourinho, salutare per sempre Cambiasso e dare il via alla rifondazione. Facile e inutile perchè la storia recente e non solo racconta decine di parabole di grandi squadre che arrivano fino in fondo al proprio ciclo.
La rasoiata di Brandao lasciato girarsi in mezzo a due monumenti, nel senso di statue, come Lucio e Samuel, e accompagnata in porta dallo sguardo perso di Julio Cesar è la fotografia della fine della seconda Grande Inter. Da oggi Moratti può serenamente ricominciare a programmare avendo saldato anche il debito di riconoscenza nei confronti degli uomini che lo hanno portato sul tetto d’Europa e del mondo.
La speranza è che non ripeta gli errori commessi nei 660 giorni che dividono la notte di Madrid dal passo d’addio di San Siro. Errori di scelte, gestione, comunicazione e uomini. Errori non solo di Moratti ma di cui il presidente si dovrà assumere la responsabilità perché anche l’omesso controllo è un peccato mortale.


SUCCESSORI DI MOURINHO SENZA CONVINZIONE - In poco meno di due stagioni ha cambiato quattro allenatori dopo l’addio di Mourinho. Prima è arrivato Benitez che rappresentava non la prima scelta (il favorito era Capello impegnato con la nazionale inglese ai Mondiali). Poi ha preso Leonardo quasi per rivalsa nei confronti del Milan e lo ha lasciato partire senza troppa convinzione a mercato aperto nello scorso luglio. Quindi Gasperini, scelta incomprensibile e subita. Infine Ranieri per il quale non si è mai speso. Il risultato è che il solo Leonardo ha avuto pieno appoggio anche nelle scelte di mercato e, infatti, è stato l’unico capace di ottenere qualcosa da un gruppo ormai logoro.


AVEVA RAGIONE BENITEZ - Quando Benitez chiuse il suo rapporto con l’Inter mentre ancora i giocatori festeggiavano il titolo mondiale negli spogliatoi, le sue parole furono interpretate come lo sfogo di un uomo mal integrato con l’ambiente che lo circondava. La storia si è incaricata di spiegare che non è così e che, anzi, la lettura dello spagnolo era corretta in tutti i suoi aspetti. L’Inter era già nell’autunno 2010 una squadra stanca, sazia, con qualche senatore troppo ‘pesante’ in spogliatoio e società. Un gruppo cui sarebbe servita una robusta iniezione di forze e qualità. “Mi avevano promesso cinque giocatori e non è arrivato nessuno” disse Rafa firmandosi l’esonero. Ora ne servono ben più di cinque e la data di scadenza degli eroi del Triplete è in alcuni casi ancora lontana.

BYE BYE BALOTELLI-DESTRO-SANTON - Pochi club alla vigilia di una rifondazione totale possono dire di avere già in casa il futuro. Un potenziale fuoriclasse (Balotelli), alcuni ottimi giocatori (Destro, Caldirola, Viviano) e un predestinato da ritrovare (Santon). L’Inter li aveva ma, per motivi diversi, oggi nessuno di loro frequenta Appiano Gentile. In compenso nelle ultime quattro sessioni di mercato sono stati investiti decine di milioni di euro per trovare dei surrogati. Sicuri che Nagatomo sia meglio di Santon? E Balotelli a 22 milioni di euro - oltre a una plusvalenza facile - è stato un affare o un regalo? Poteva essere l’uomo su cui costruire il futuro. Diventerà il tormentone dei prossimi dieci anni un po’ come lo fu Roberto Carlos il cui fantasma popola ancora le notti dei tifosi dell’Inter.


FAIR PLAY E CESSIONI DOLOROSE - Il bilancio in rosso rendeva necessari alcuni rientri in termini economici. Impossibile continuare a chiedere a Moratti di staccare assegni a sette zeri per ripianare il deficit ogni anno. L’idea era arrivare al pareggio entro il 2012-2013 così da presentarsi in regola con la partenza del Fair Play Finanziario. Obiettivo fallito. I numeri fanno paura: -86,8 milioni di euro l’ultimo risultato netto, 335 milioni di euro il debito, negativo il patrimonio (-24,2 mln euro), ricavi in contrazione e a ottobre un nuovo aumento di capitale da 40 milioni di euro. Sul bilancio 2011-2012 peseranno in positivo plusvalenze per 25 milioni, ma il fallito aggancio al terzo posto li brucerà tutti subito. La dieta dimagrante (obbligata) non è servita e, anzi, alla fine è stata dannosa perché condotta senza un chiaro progetto tecnico. Moratti è chiamato a rilanciare ma non sembra averne né la voglia nè i mezzi considerato il contesto economico internazionale che sta pesando anche sulle attività della Saras.

IL BALLETTO ETO’O-SNEIJDER - Classico esempio di cosa significa non avere un progetto tecnico. Un anno fa i giocatori con più mercato furono chiamati in sede e gli fu chiesto di trovarsi una squadra. Non tutti ci sono riusciti. L’Inter aveva in mente di vendere Sneijder costruendo la stagione su Eto’o. Alla fine a partire è stato il camerunense e Wes è rimasto con un allenatore (Gasperini) il sui modulo non lo prevedeva. E anche il successore (Ranieri) non è riuscito mai a valorizzare l’ultimo campione rimasto in rosa. Il risultato è paradossale. In questa stagione l’Inter con Sneijder tra i titolari ha fatto meno di un punto di media a partita (1,79 senza) e ha pure peggiorato nettamente l’incisività offensiva (0,80 di media contro 1,68). Un controsenso che nessuno, tantomeno questa Inter, può permettersi e che affonda le radici proprio nel balletto estivo che ha tolto certezze, motivazioni e forse a Wes e agli altri.  Errore ripetuto in gennaio con la cessione di Thiago Motta.


ISOLATI A LIVELLO POLITICO - Ultimo aspetto è il difficile rapporto a livello politico che vede l’Inter isolata dalle altre big in Lega. L’asse Milan-Juventus si sta rinsaldando malgrado le polemiche di campo (anche Agnelli ha confermato che i due club hanno visioni concordi) mentre l’Inter si è schierata nella guerra sul ruolo di Beretta insieme a club medio-piccoli in minoranza. In estate non c’è mai stata una risposta forte agli attacchi provenienti da Torino sulle rivelazioni di Calciopoli-bis e l’immagine del club è uscita a pezzi dalla relazione di Palazzi senza che ci fosse un’adeguata presa di posizione. Non sono dettagli. Il vento intorno all’Inter è cambiato e ora soffia prepotentemente contro. L’incredibile sequenza di rigori e sviste di inizio stagione ha segato le gambe a Gasperini e Ranieri. Altri errori l’hanno penalizzata anche oltre i suoi demeriti in inverno.


Si può subire un gol in fuorigioco di due metri in casa contro il Catania e non avere niente da dire? No, ma nessuno dell’Inter si è fatto sentire e quei due punti alla fine potrebbero fare la differenza tra stare dentro o fuori dall’Europa. Potrebbero valere 30 milioni di euro insomma. In questa Inter, però, la figura forte pronta ad esporsi manca a tutti i livelli. Bisognerà anche ripartire da qui.

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