lunedì 5 marzo 2012

La resa di Mauri e Bergonzi e il calcio italiano che abbandona Juan a se stesso


di Giovanni Capuano

Cosa sarebbe successo se davanti alle braccia larghe di Mauri invitato a far tacere i suoi tifosi Bergonzi avesse scelto di sospendere anche solo per qualche minuto il derby di Roma imponendo agli ultrà della curva Nord il silenzio? Di sicuro non avrebbe risolto il problema del razzismo negli stadi italiani e all'Olimpico in particolare. Però avrebbe dato un bel segnale e, soprattutto, mostrato a tutti che anni di parole e battaglia non sono passati invano e che Juan nella sua umana e apprezzabile reazione (il dito davanti alla bocca mostrato con orgoglio alla curva) non era solo.

Invece Bergonzi ha chiesto a Mauri di intervenire, il capitano della Lazio ha allargato le braccia e si è nascosto in area di rigore e Juan ha continuato a essere il bersaglio dell'odiosa abitudine dei buuu razzisti senza che nessuno provasse più a fare nulla. All'arbitro va un bel 2 in pagella e solo Mauri fa peggio di lui perché il derby della Capitale era iniziato con le squadre schierate al centro del campo con maglie anti-discriminazione. Mai iniziativa fu più inutile e demagogica e mai parole sono state più vuote di significato. La resa di Mauri e Bergonzi, però, è doppiamente grave e a nostro parere dovrebbe anche essere sanzionata a livello disciplinare. 

E' inaccettabile infatti che un arbitro e il capitano di una squadra omettano di applicare il regolamento che - va ricordato - prevede sanzioni fino alla sospensione della partita stessa in caso di cori o comportamenti a sfondo razzista. E prevede la chiusura di interi stadi o di settori se le tifoserie coinvolte sono recidive. I precedenti anche recenti non mancano ed ebbero il pregio di sollevare il dibattito. Dunque Bergonzi avrebbe dovuto pretendere l'intervento di Mauri e non solo sollecitarlo e, soprattutto, avrebbe fatto meglio a non accontentarsi dell'alzata di spalle del capitano laziale e degli inviti disperati dello speaker dello stadio Olimpico. 

Magari il giudice sportivo Tosel avrebbe avuto materiale per evitarsi l'ennesima brutta figura con aggiornamento del tariffario della vergogna del calcio italiano. Il pomeriggio dell'Olimpico, cui vanno aggiunti i soliti tafferugli e i cori contro il 'negro' Diakitè da parte degli ultrà romanisti, si è chiuso con una multa da 20mila euro per la Lazio (comprensiva anche di due petardi sparati in campo) e 7mila per la Roma, senza alcuna citazione per i cori contro Diakitè. Meno del minimo visto che il regolamento prevede sanzioni da 20 a 50 mila euro. 

E dire che qualche ipotesi di recidività doveva pur esserci anche se non ufficialmente visto che alla voce 'razzismo' la fedina penale delle due società è incredibilmente pulita. Basta fare un giretto su internet per rintracciare la denuncia della Comunità ebraica di Roma dello scorso ottobre. Quando? In occasione del derby d'andata. Allora l'ineffabile Palazzi aveva aperto un fascicolo, Figc e politici si erano scusati (chissà poi perché, posto che nessuno di loro si era reso protagonista degli atti incivili) e dopo il solito giro di dichiarazioni non si sono avute più notizie. Oggi il teatrino è ripartito. Ma negli occhi rimane la resa di Mauri e Bergonzi e a poco vale che le immagini tv abbiano immortalato in primo piano i volti dei 'gentiluomini' urlatori. Meglio nascondersi dietro la solita logica dei "pochi imbecilli". Una scrollata di spalle e via verso il prossimo sermoncino.

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