mercoledì 28 marzo 2012

ESCLUSIVO - L'elogio della follia di Orrico



Ci fu un’altra stagione in cui venne di moda affidarsi a giovani allenatori perché a qualcuno era andata bene. Era l’inizio degli anni Novanta. Il Milan aveva Sacchi, Inter e Juventus scommisero su Orrico e Maifredi. Non andò bene, ma le scelte di oggi ricordano da vicino quelle di allora. “Il calcio è fatto di cicli” spiega a Panorama.it Corrado Orrico che promuove Montella, boccia la Roma e incoraggia Moratti: “Finalmente ha capito che non può dare in mano un’auto come l’Inter ad allenatori troppo equilibrati e moderati” anche se il suo errore fu non scegliere Mihajlovic dopo l’addio di Mourinho”.

L’identikit del tecnico ‘pazzo’ gli piace e a Stramaccioni augura di “non guardare in faccia a nessuno”. I santoni della panchina? “Un bene che siano all’estero. Bisogna lasciare la strada ai giovani”. Un fiume in piena con qualche sorpresa: “Monti? Non potrebbe mai allenare. Bersani e Berlusconi invece sì”. E su Benitez e Delio Rossi

Ma partiamo dall’attualità: che effetto le ha fatto vedere Stramaccioni al suo primo giorno da allenatore dell’Inter?
“Credo che Moratti sappia cosa fa e se lo hanno scelto evidentemente il giovanotto offre garanzie di poter gestire un gruppo che stava facendo acqua da tutte le parti. A me dispiace per Ranieri ma non si capiva come potesse continuare”.

C’è chi si spinge a paragonare la scelta di Moratti a quella di Laporta con Guardiola. Altri dicono che ad alti livelli serve esperienza…
“Un allenatore è tale a trent’anni e quello che acquisisce dai trenta ai sessanta a volte è lo migliora e a volte lo peggiora. L’esempio è Guardiola: se vale può allenare un grande club anche a trent’anni”.

Stramaccioni si è presentato dicendo: ‘Non ho paura’…
“E’ stato un approccio radicale utile. Per gestire un gruppo di campioni come quello dell’Inter un allenatore deve avere in sè forme di radicalismo perché se è uno normale sfiora anche la mediocrità e difficilmente può gestire prima donne come sanno essere i campioni”.

Dovrà farsi dare del lei da giocatori più anziani di lui?
“Cosa conta il pronome in un rapporto di lavoro così complesso? Nulla. Lui deve dimostrare di avere un valore intellettuale e caratteriale di primo ordine riesce a conquistare l’ambiente. Anzi, più giovane è più in fretta può entrare in sintonia con dei coetanei”.

Il prototipo dell’allenatore giovane oggi è Montella. Le piace?
“E’ bravo”.

Eppure a Roma non gli hanno dato fiducia…
“Non è che la Roma sia l’esempio più importante nella conduzione di una società. Montella ha dimostrato con i fatti di essere bravo. Il suo Catania è la squadra che ricorda maggiormente il Barcellona e non certo la Roma che pure ha preso un tecnico direttamente da lì”.

Però Roma è una piazza più vicina a Milano di quanto lo sia Catania. Le attese sono differenti…
“Se penso all’appoggio che la Roma sta dando a Luis Enrique e lo scetticismo che ha circondato Montella concludo che il problema non è nel valore dell’allenatore ma nell’atteggiamento della società. Non hanno capito che cosa avevano in mano”.

L’esplosione di Montella a Catania è un fallimento della Roma?
“Non si deve dare troppa importanza al valore ambientale. Conta il valore del tecnico. Prenda Allegri: è andato nella piazza più difficile, dove c’era stato un santone e con giocatori che tra il bizzoso, l’irascibile e il presuntuoso sfiorano tutti i limiti dell’anormalità, ma siccome è un uomo e un allenatore di primo ordine ha piegato l’ambiente ai suoi risultati”.

Questo fiorire di giovani allenatori ricorda i primi anni Novanta quando lei e Maifredi furono il tentativo di Inter e Juventus di imitare la scelta vincente del Milan con Sacchi?
“Il calcio è fatto di cicli e a differenza di altri ambienti come la politica ha bisogno di rinnovarsi. I santoni della panchina hanno vita breve perché le società preferiscono fare programmi più adatti alle loro esigenze con un giovane che con un anziano. A volte prevale il convincimento che l’esperienza è decisiva e allora cadono in fesserie, ma quando verificano che le cose non funzionano riaprono ai giovani”.

Non è un male che Ancelotti, Capello e gli altri siano all’estero?
“Che vadano anche in Marocco e lascino la strada aperta a Sannino, Allegri, Mazzarri, Montella e ai giovani come Stramaccioni al quale auguro di avere il coraggio di mettere in pratica le sue idee senza guardare in faccia a nessuno ed evitando anche di chiamarli per cognome i suoi giocatori”.

Moratti ha disegnato un identikit particolare dell’allenatore ideale dell’Inter: che faccia divertire, non noioso, preparato e un po’ pazzo…
“Finalmente. Il termine ‘pazzo’ è eccessivo ma serve qualcuno fuori dalla normalità e da un atteggiamento sobrio alla Monti che non potrebbe mai fare l’allenatore di calcio”.

Non avrebbe la personalità?
“Avrebbe la cultura, ma nel calcio l’eccesso di capacità di mediazione non serve. I giocatori vogliono un capo forte che si pigli la responsabilità e agisca in termini spicci. Guardi Conte come ha rovesciato la Juventus in pochi mesi dopo che per due-tre anni si erano affidati alla sobrietà e all’esperienza arrivando settimi”.

Quale politico potrebbe allenare?
“Bersani. E’ un battutista e uno che esprime astuzia e capacità di adattamento. Nel calcio devi avere neuroni non della normalità”.

Berlusconi?
“Certamente. Anche i grandi allenatori che apparentemente sembrano moderati come Guardiola non lo sono. Luio ha avuto il coraggio di fare fuori prima Eto’o e poi Guardiola. Se non è radicale lui…”.

Mourinho è l’esaltazione dell’allenatore radicale?
“Il massimo del radicalismo e il vertice dei valori mondiali”.

Dopo di lui nessuno è stato capace di eguagliarlo…
“Sono arrivate delle persone normali. Il primo (Benitez ndr) sembrava un commerciante di maiali e poi via così. Non mi hanno mai convinto”.

Se oggi parla di un allenatore ‘pazzo’ significa che Moratti è guarito dallo choc della separazione da Mourinho?
“Moratti ha fatto una scelta coraggiosa e per la prima volta ha riflettuto dopo aver perso due anni. Ma lui un animale da campo l’aveva già in casa e partito Mourinho doveva affidarsi a lui”.

A Firenze ha fallito…
“A Firenze hanno sopravvalutato il valore della rosa e dopo le prime sconfitte, che erano pure poche, l’hanno fatto fuori mettendo uno (Delio Rossi ndr) che dal punto di vista professionale è uno dei migliori allenatori italiani ma dal punto di vista caratteriale ha dei problemi a deambulare e i risultati sono peggiorati malgrado l’appoggio di società, pubblico, sindaco e tutti”.

Oggi Moratti ha cambiato…
“Ha capito che doveva rompere il cerchio del far guidare una macchina di primo livello a gente che prende la professione con equilibrio e moderazione”.

Nessun commento:

Posta un commento