giovedì 4 agosto 2011

La mano pesante di Palazzi e i processi in cui l'accusa perde (quasi) sempre


Avviso a tutti quelli che, per commentare il processo sulla vicenda calcioscommesse, hanno evocato stangate e pugni durissimi da parte di Palazzi. Il conto che il procuratore federale ha presentato ai protagonisti della vicenda a prima vista sembra salatissimo: 2 retrocessioni, 58 punti di penalizzazione e 490mila euro complessivamente per le società coinvolte più 10 radiazioni e 110 anni e mezzo di squalifica (di cui 11 e 3 mesi già certificate dai patteggiamenti) per i tesserati.

E’ bene ricordare, però, che si tratta solo delle richieste dell’accusa e che la storia professionale di Palazzi è quella di un magistrato che ha raramente visto confermata nel processo la sua impostazione. Spesso la montagna delle sue accuse ha partorito il topolino di sentenze miti ed dai diversi passaggi.

Il caso più clamoroso rimane il processo Calciopoli dell’estate 2006. Quello che, con un certo interesse, viene tramandato come il grande rogo nel quale bruciò il meglio del calcio italiano. Anche allora Palazzi andò giù durissimo al momento delle richieste: 6 retrocessioni in serie B o C1 di cui una (quelle della Juventus) addirittura doppia con la formula dell’assegnazione “a un campionato inferiore alla serie B”, revoca di 2 scudetti, 57 punti di penalizzazione da scontare nel campionato successivo, 20 radiazioni e condanne per complessivi 118 anni distribuiti tra dirigenti, arbitri e guardalinee. Un castello già in parte smontato dalla sentenza di primo grado: 3 retrocessioni, revoca di 2 scudetti, 132 punti di penalizzazione di cui 88 ancora da scontare e, per i tesserati, 3 sole radiazioni, 66 anni e 9 mesi di condanne e ben 7 assoluzioni. In appello la Corte Federale fece ancor meglio: una sola retrocessione, 2 scudetti revocati, 166 punti di penalizzazione (ma solo 76 da scontare) e, per i tesserati, condanne per 49 anni di squalifica oltre alle solite tre radiazioni.

L’arbitrato davanti al Coni si sarebbe poi incaricato di addolcire ancor di più il tutto cancellando la grande stangata prospettata da Palazzi. Tanto per fare un esempio – a parte la retrocessione della Juventus e la revoca dei due scudetti – le società se la cavarono con 142 punti di penalizzazione di cui solo 52 da scontare (erano 57 con 6 retrocessioni per Palazzi) e i dirigenti con poco più di un buffetto sulla guancia. C’è chi come i fratelli Della Valle, Lotito, Meani e Mencucci passò dalla richiesta di radiazione a condanne di qualche mese e chi, come Carraro, ne uscì addirittura con una multa di 80mila euro senza alcuna diffida.

Un caso unico? No, la regola nei processi della giustizia sportiva. La vicenda del calcioscommesse 2004, ad esempio, vide la Procura chiedere due retrocessioni (Modena e Siena) e penalizzazioni per lo stesso Modena (-6), Sampdoria (-6) e Chievo (-9). Finì con la salvezza per tutti, 5 punti di penalizzazione per il Modena e multe per gli altri club tranne il Chievo prosciolto. E dei tesserati, per i quali era stata presentata una sfilza di richieste a 3 anni per illecito sportivo, rimase in piedi solo la condanna all’ex giocatore del Modena Marasco. Ancor peggio andò nel 2001 con la sospetta combine in Atalanta-Pistoiese di Coppa Italia dove si passò dalla richiesta di condanne a 3 anni per illecito per nove tesserati (tra i quali Doni e Max Allegri) all’assoluzione per tutti davanti alla Corte Federale.

Giovanni Capuano

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