domenica 28 agosto 2011

Dopo lo spezzatino tv la crisi 'spegne' anche le radio spagnole



Chi ha avuto la fortuna di ascoltarli difficilmente può dimenticarli. I loro gorgheggi, la musicalità delle parole e l’enfasi con cui per decenni hanno descritto le gesta dei campioni della Liga. La caccia al denaro, che non è caratteristica propria solo dei nostri club, ha messo il silenziatore da oggi alle emittenti radiofoniche, uno degli aspetti più caratteristici del calcio spagnolo. I giornali lo scrivono: senza di loro non sarà più lo stesso. L’embargo è scattato con l’avvio del campionato. I giornalisti delle radio nazionali sono stati tenuti fuori dagli stadi e i loro accrediti ritenuti non più validi. Colpa del rifiuto generalizzato di sottostare al pagamento dei diritti di trasmissione che la LFP (la Lega dei club professionistici spagnoli) ha fissato in una forchetta tra 1 e 3 milioni di euro. Per protesta si sono astenuti dal trasmettere anche i giornalisti delle emittenti regionali e autonomiste che pure, in virtù di una diversa normativa, avrebbero potuto proseguire la loro opera. Solo un club (il Siviglia) ha deciso di tenere aperte le porte del suo stadio ai cronisti radiofonici. Gli altri hanno sbarrato gli ingressi.

In Italia qualcosa di identico è avvenuto una decina di anni fa. Anche allora alla fine si trovò un compromesso perché le radio fecero valere il diritto di cronaca sancito dall’articolo 21 della Costituzione e la Lega Calcio fu costretta ad emanare un regolamento restrittivo ma non del tutto limitativo. Ne seguirono anni di ispezioni, multe e contenziosi. In Spagna le emittenti si fanno forti dell’articolo 20 della loro Costituzione. E’ probabile che alla fine ottengano un passo indietro della LFP sul modello italiano.

Il segnale, però, è negativo anche perché arriva nell’anno in cui le televisioni hanno preso definitivamente il comando sul calcio spagnolo imponendo una versione dello ‘spezzatino’ che i club italiani nemmeno si sognerebbero di richiedere: tre partite al sabato (ore 18, 20 e 22), sei di domenica (ore 12, 16, 18, 20 e 22) e una il lunedì sera alle 21. Il tentativo è riuscire a valorizzare il prodotto ben oltre i circa 600 milioni di euro incassati oggi (e per oltre la metà destinate alle casse di Barcellona e Real) e dare ossigeno a un movimento che rischia di chiudere per debiti. Si punta a quota un miliardo pronti a sacrificare tutto: il rispetto per i tifosi, costretti ad estenuanti slalom tra gli orari delle partite, e anche un pezzetto di storia come le radiocronache. C’è poco da essere fieri, ma per una volta sono gli spagnoli a tentare di copiarci.

Giovanni Capuano

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