lunedì 12 settembre 2011

La curva senza steward e una partita che Agnelli e il calcio italiano non possono perdere


Davvero istruttiva la lettura della pagella al nuovo stadio della Juventus redatta per La Gazzetta dello Sport da Francesco Bramardo dopo il debutto in campionato contro il Parma. Spenti i fuochi d’artificio della cerimonia inaugurale e smorzata l’enfasi per un’opera di cui va dato grandissimo merito alla Juventus, finalmente si è potuta misurare la rivoluzione culturale prima ancora che organizzativa dello stadio di proprietà in Italia.

Il voto finale è un 7 pieno e molto di quello che ancora non funziona al meglio si potrà sistemare. Errori di gioventù i disagi alle biglietterie, le assegnazioni di posti non vicini per nuclei familiari e la carenza di segnaletica esterna. Era la prima in assoluto e non abbiamo dubbi che basteranno poche settimane per correggere le imperfezioni. Qualche speranza in meno la conserviamo sui prezzi dei servizi: 7 euro e mezzo per panino e bibita sono tanti ma bisogna anche ricordare che non va diversamente a San Siro o in altri stadi italiani e, dunque, sarebbe stato ingeneroso chiedere alla Juventus si attuare una politica low cost. Da rivedere (ma con ampi margini di miglioramento) anche il prato verde apparso spelacchiato ma sicuramente provato da una settimana di prove di scenografia.

Ad allarmare davvero è, invece, la descrizione data da La Gazzetta dello Sport della gestione della sicurezza all’interno dell’impianto torinese. Secondo l’inviato il filtraggio è stato ferreo, non sono entrati botti, fumogeni o striscioni, ma una volta dentro gli steward sono come per incanto spariti dalla curva Sud, l’unico settore in cui è consentita l’esposizione degli striscioni di appartenenza e dove – secondo quanto raccontato – è stato “impossibile vedere la partita per molti secondo il biglietto assegnato con posti usurpati dai più esagitati”. E per quanto accaduto nei settori della curva Nord vi rimandiamo alle testimonianze che stanno riempiendo i forum di tifosi juventini (http://www.vecchiasignora.com/topic/204226-posti-a-sedere-in-curva-da-rispettare/page__st__220 ad esempio). Un’amara sorpresa per chi da anni registrava il parere di presidenti e addetti ai lavori secondo cui solo lo stadio di proprietà, in cui le società dettano le regole e gestiscono la sicurezza, avrebbe consentito di chiudere per sempre le curve e lasciare lo spazio occupato dagli ultras a normali famiglie.

Sarebbe utile ricordare che il decreto dell’agosto 2007, che ha regolato l’attività degli steward, non prevede alcuna deroga e che le società organizzatrici sono espressamente indicate come “responsabili dei servizi finalizzati al controllo dei titoli di accesso, dell’instradamento degli spettatori e della verifica del rispetto del regolamento d’uso dell’impianto attraverso propri addetti denominati steward”. Nemmeno il regolamento d’uso del nuovo stadio fa menzione di ‘zone franche’ o ‘terre di nessuno’ lasciate al libero governo degli ultras. I quali da mesi si stanno scontrando proprio per il controllo di quell’unico settore che, evidentemente, ritengono a disposizione. Dopo gli accoltellati nel ritiro di Bardonecchia facce poco raccomandabili giravano all’esterno dello stadio anche in occasione della serata di gala dell’inaugurazione.

Insomma non esiste nessun motivo perché la Juventus e il calcio italiano abdichino da subito alla rivoluzione culturale degli stadi di proprietà. Il nostro è un appello ad Agnelli. Non si pieghi alle consuetudini che hanno rovinato l’atmosfera nei nostri impianti, mandi subito gli steward in curva sud e faccia rispettare i diritti di chi ha fatto l’abbonamento e vuole godersi la partita seduto. La differenza tra prima e dopo non può essere solo nell’acustica perfetta del nuovo stadio. Per favore. Altrimenti che nessuno chieda alla collettività di fare alcun tipo di sacrificio per finanziare le nuove cattedrali del calcio. Perché i mutui agevolati del Credito Sportivo e le varianti per la costruzione dei centri commerciali sono forme di agevolazione e sostegno a queste opere sono, a tutti gli effetti, interventi del pubblico a sostegno del privato.

Giovanni Capuano

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