giovedì 28 luglio 2011

I debiti del Barcellona e Guardiola allenatore non aziendalista


Straordinario nel disegnare sul campo la squadra più forte del mondo, Pep Guardiola non merita certo la definizione di allenatore aziendalista. Anzi, le sue scelte tecniche sono alla base della difficoltà del Barcellona nell'uscire dalle difficoltà finanziarie che un anno fa erano state definite “un problema strutturale” da Javier Faunas, vicepresidente economico del club che – parole del direttivo – aveva raggiunto “l'eccellenza sportiva ma non quella finanziaria”. Era l'estate del 2010 e, uscita dalla guerra tra l'ex presidente Laporta e il successore Rosell, il Barca scopriva di avere i conti in profondo rosso tanto da dover chiedere un prestito alle banche per pagare gli stipendi di tecnici e giocatori che da soli pesano per oltre 235 milioni di euro.

A un anno di distanza il bilancio del club catalano rimane in rosso (-9,3 milioni di euro) e la relazione dei contabili del Camp Nou indica con chiarezza che la responsabilità è da ascrivere alle scelte di mercato costate minusvalenze e svalutazioni per oltre 45 milioni di euro solo per le cessioni di Ibrahimovic, Chygrynskiy, Martin Caceres e Buss. Acquisti (e cessioni) fortemente voluti e bruciati da Pep che in tre estati e mezzo ha speso quasi 300 milioni di euro sul mercato e che solo dodici mesi prima aveva costretto Laporta (cui ora i soci del club chiedono con una class action che restituisca 46 milioni e mezzo) a un altro 'bagno di sangue' per liberarsi di Eto'o, considerato non funzionale al suo progetto.

Senza quelle operazioni – scrivono i contabili del Barca – il bilancio si sarebbe chiuso addirittura in positivo (+33 milioni di euro prima delle imposte) grazie soprattutto alla moltiplicazione degli introiti derivanti dalla partecipazione alla Champions League che hanno ampiamente coperto il salasso dei premi girati a Messi e compagni per le vittorie in Spagna ed Europa.

I conti blaugrana, insomma, continuano a tornare solo sul campo. Fuori funzionano molto meno come testimonia il debito che rimane monstre (363 milioni di euro) malgrado in un anno sia calato di oltre il 15% grazie a un'accorta politica di accantonamenti. Eppure Rosell ha appena regalato Alexis Sanchez (37,5 milioni di euro) a Pep che ora chiede con forza Fabregas o, in alternativa, un'altra punta e un difensore centrale. Il bilancio economico non è evidentemente un suo problema. La cattiva notizia è che i 473 milioni di euro di ricavi consentono al Barcellona di proseguire con questa politica di consolidamento della leadership europea e il tanto sbandierato fair play finanziario invece di ridurre il gap con le italiane continuerà ad ampliarlo.

Giovanni Capuano

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