mercoledì 22 giugno 2011

Se anche lo sport spagnolo entra in crisi...

Seppure senza troppa enfasi, la notizia che il calcio spagnolo sta vivendo una profonda crisi che ne mette a rischio il futuro si è fatta largo anche sulla stampa specializzata italiana che ha sottolineato soprattutto i 4 miliardi di euro di debiti accumulati dai club professionistici iberici, gli oltre 300 giocatori che aspettano di essere pagati e le 21 società che in questi anni sono passate dalla gogna della procedura concorsuale pur di rimanere in piedi. Come dire: "Mal comune mezzo gaudio" in giorni in cui l'impotenza dei nostri top club calcistici (e non solo) appare in tutta la sua evidenza sfogliando le pagine del mercato.

Come spesso capita, però, fermandosi al calcio si perde di vista il quadro complessivo che - in Spagna come da noi - è ancor più allarmante. Proprio la Spagna ci dice, infatti, che in crisi non è solo il football ma tutto il modello di sport professionistico che siamo abituati a conoscere in Europa. Il campanello d'allarme era suonato qualche settimana fa con la decisione della Giunta direttiva del Barcellona di tagliare profondamente le spese delle sezioni non professionistiche: basta trasferte al di fuori della Catalogna, budget ridoti della metà entro cinque anni, rischio di morte per pattinaggio, hockey, pallamano e di ridimensionamento per basket e volley.

Se il Barca se la passa così figuratevi gli altri. Ad oggi il campionato spagnolo di basket conta cinque club sull'orlo del fallimento (Estudiantes, Joventut, Granada, Minorca e Valladolid), altri due hanno seri problemi di liquidità (Fuenlabranda e Manresa) e quasi nessuno è in regola con i pagamenti. Nel volley la Superlega maschile conta la miseria di cinque iscritte e alla fatidica quota di dodici non ci arriverà mai visto che nemmeno quelle che si trovano in seconda categoria hanno accettato l'invito a fare il salto in alto e - da parte loro - arrivano a malapena a quota sei. Una situazione prefallimentare che sta costringendo i dirigenti della FEV (la locale Lega Volley) a scendere a qualsiasi compromesso pur di raccattare almeno dieci iscrizioni. E c'è chi, come il Tenerife femminile, al momento non ha nè allenatore nè giocatrici sotto contratto. Il ciclismo resta ricco ma nell'ultima stagione ha visto il calendario impoverirsi con la rinuncia alla Settimana Catalana e la Vuelta di Valencia mentre il Giro dei Paesi Baschi e la Bicicletta Basca hanno scelto la fusione per non scomparire. Crisi profonda anche nella pallamano (molto seguita in Spagna) trema per le sorti della Ciudad Real, vincitore di tre degli ultimi sei campionati, dopo aver visto abbandonare a stagione in corso l'Alcobendas. Come se la serie A salutasse una dopo l'altra Milan e Juventus. Il tennis tavolo piange la 'morte' del Caja Granada, fresco semifinalista di Champions.

Cosa sta succedendo? In Spagna una risposta se la sono data. Il decantato 'modello' iberico che ha mietuto successi ovunque, di squadra o individuali, si è retto a lungo sulle sovvenzioni pubbliche. E' bastato che la crisi suggerisse a governo ed enti locali un po' di prudenza per far saltare il banco. Ora a Madrid e dintorni si interrogano su come uscirne e la prima ricetta è tornare a vivere secondo le proprie possibilità, abbandonare la dipendenza dal sussidio pubblico e riscrivere la legge che nel 1990 disegnò il nuovo sistema sportivo professionale. In Italia non siamo nemmeno arrivati a una seria inchiesta su cosa stia accadendo fuori dagli stadi di calcio. Figurarsi a una prognosi per la guarigione. Anzi, siamo ancora fermi all'ammirazione per il 'modello spagnolo' pensando che la soluzione per i nostri mali sia importarlo. Copiare senza nemmeno sapere di cosa si parla. Questa sì la nostra specialità.

Giovanni Capuano

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