L'esposto che ha portato alla relazione-choc di Palazzi e che ha riaperto il dibattito, per altro mai concluso, sulle sentenze di Calciopoli, è solo il primo tassello di un cammino che potrebbe portare la Juventus a chiedere la revisione dei processi che nel luglio del 2006 la condannarono alla serie B. E non si tratterebbe solo di una rivincita 'sportiva' con il tentativo di farsi riassegnare i due scudetti cancellati, ma anche del grimaldello per arrivare a quantificare i danni subiti in conseguenza di quelle sentenze e farli pagare all'ordinamento sportivo. In estrema sintesi chiedere conto alla Figc e al Coni di un quinquennio di mancati incassi, svalutazioni patrimoniali e di immagine.
La chiave di tutto è nel famoso articolo 39 del Codice di Giustizia Sportiva che consente di ricelebrare i processi sportivi se, una volta divenute definitive le sentenze, emergono fatti tali da riconoscere false le prove sulla base delle quali si è proceduto, se non è stato possibile per qualsiasi motivo produrre in dibattimento tutti gli atti necessari o se sono emersi fatti nuovi sconosciuti al momento del processo sportivo. Andrea Agnelli ritiene che il caso della Juventus si applichi alla perfezione alle norme dell'articolo 39. Nel 2006 la Juventus venne giudicata colpevole anche sulla base di episodi che poi non hanno retto la prova dell’aula di un Tribunale come, ad esempio, la vicenda di Paparesta chiuso nello spogliatoio. O, ancora, non tutte le telefonate erano in mano alla Corte Federale e quelle scovate dalla difesa di Moggi hanno cambiato lo scenario dell’intera vicenda rimettendo in gioco l’esclusività del rapporto con il mondo arbitrale da parte dei dirigenti bianconeri. Ora il presidente della Juventus attende che avvenga il 'fatto nuovo' necessario per depositare l’istanza di revisione ex articolo 39. Quale fatto? Nelle scorse settimane si è detto intenzionato ad attendere il terzo grado di giudizio del processo in corso a Napoli, ma in realtà sarebbe sufficiente la relazione di Palazzi o, a maggior ragione, un'eventuale sentenza di revoca dello scudetto 2006 da parte del Consiglio Federale.
Se ad Agnelli riuscisse la triangolazione e, ad esempio, fosse possibile in via ipotetica dimostrare che anche per la giustizia sportiva è venuta a cadere l'ipotesi dell'associazione a delinquere (o illecito strutturale) il gioco sarebbe fatto. Perché magari gli scudetti non tornerebbero a Torino, ma certamente vedrebbe a mancare il presupposto giuridico sulla base del quale la continuazione di violazioni dell'articolo 1 venne trasformata dai giudici sportivo in illecito sportivo (articolo 6) con retrocessione in serie B. E a quel punto – essendo la Juventus una spa quotata in Borsa – difficilmente Agnelli potrebbe trattenersi dal presentare il conto alla Federazione, costretta a difendersi non più nelle aule della giustizia sportiva ma in quelle di un Tribunale Civile ordinario dove le regole dello sport non contano nulla e i diritti delle imprese (specie se quotate) vengono difesi a spada tratta.
Giovanni Capuano
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