Ai lettori meno attenti sarà forse sfuggito, ma l'intervista che Andrea Agnelli ha concesso in esclusiva a La Gazzetta dello Sport lo scorso 24 giugno rappresenta una svolta nei rapporti sin qui gelidi tra la Juventus e la Rosea. Nelle due pagine a firma del direttore Andrea Monti e del collega Mirko Graziano, oltre ai progetti di rilancio, c'è la spiegazione del Grande Gelo che ha portato la Juventus a considerare il quotidiano di via Solferino il vero regista dell'operazione-Calciopoli.
Il processo che portò alla retrocessione della Juventus viene definito “sommario” e “istruito in un clima di clamore mediatico che ne condizionò l'esito” di cui, secondo Agnelli, “proprio la Gazzetta fu responsabile pubblicando le intercettazioni”. Una ricostruzione cui il direttore della Gazzetta oppone l'obiezione che tutti, in quei giorni, pubblicarono le intercettazioni. Ad Agnelli viene lasciata, però, l'ultima parola e il suo attacco alla Rosea è durissimo e senza replica: “Rivelare intercettazioni coperte da segreto è un reato. Uno può decidere se pubblicarle o no” lasciando intendere che la Gazzetta decise di farlo consegnando la Juventus a un “massacro mediatico”.
Nemmeno ventiquattro ore e un altro articolo pubblicato (questa volta a firma del vicedirettore Ruggero Palombo) fa comprendere il senso della svolta. Scrive Palombo nella sua rubrica 'Palazzo di Vetro' (con ripresa in prima pagina) che il procuratore federale Palazzi ha quasi chiuso il suo lavoro sulle nuove intercettazioni di Calciopoli e che “i risultati sarebbero clamorosi”. Nelle 120 pagine dell'istruttoria ci sarebbero le basi per l'archiviazione per prescrizione della posizione dell'Inter con – secondo l'informatissimo Palombo – valutazioni di carattere etico non tali da restituire lo scudetto alla Juventus ma da rendere “strada maestra” da seguire la “non assegnazione quale memento di una stagione tutta da dimenticare”. E si spinge oltre nelle ultime righe nelle quali, consapevole del sistema di veti incrociati che potrebbe bloccare il Consiglio Federale sulla soglia della fatidica scelta, invita il presidente Abete a tirare dritto “forte d'un ruolo che comunque gli consente di avere l'ultima parola”.
Esattamente quello che Andrea Agnelli aveva chiesto nell'intervista del giorno prima: “Sull'esposto vogliamo risposte. Per la restituzione dovremo aspettare l'esito del processo di Napoli”. Seguendo la logica degli Agnelli si potrebbe concludere che la tregua tra la Rosea e la Juventus è stata firmata sull'altare di uno scudetto che ben difficilmente Moratti riuscirà a difendere e che proprio il cambio di posizionamento del quotidiano più letto d'Italia spingerà nell'oblio dei 'revocati'. Tutti colpevoli (seppure con diverse gradazioni), nessun colpevole. Agnelli ci ha messo cinque anni ma alla fine potrebbe anche esserci riuscito.
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