mercoledì 29 giugno 2011

La svendita dei talenti e il fallimento della legge Melandri


La pubblicazione della tabella di suddivisione dei proventi da diritti tv per la prossima stagione, se le medio-piccole dovessero vincere il braccio di ferro con le big per i criteri di ripartizione del 30% a disposizione dei bacini d’utenza, ha avuto il merito di chiarire la portata economica della guerra in atto all’interno della Lega. Se il criterio applicato fosse quello voluto da tutti tranne Inter, Juventus, Milan e (al momento) Napoli e Roma, le tre grandi storiche del nostro calcio perderebbero in un solo colpo oltre 21 milioni di euro a stagione (12,9 la Juventus, 7,7 l’Inter e 8,7 il Milan) a vantaggio soprattutto di quella che viene ribattezzata la ‘borghesia’. A guadagnarci sarebbero un po’ tutti ma, in particolare, nella tabella sui ricavi totali spiccano i balzi in avanti di Lazio (+12,7 milioni di euro), Udinese (+10,1), Genoa (+9,4), Napoli (+8,3), Roma (+7,7), Palermo (+7,3) e Fiorentina (+6,7). Soldi benedetti se servissero ad innalzare il livello competitivo del nostro campionato. Meno se la spinta propulsiva continua a essere limitata ai soliti Berlusconi, Moratti e Agnelli. Nei giorni in cui incassano i benefici della legge Melandri e tentano la spallata per ridurre ulteriormente il gap di introiti, infatti, i vari Preziosi, Lotito, Zamparini, De Laurentiis e Pozzo per l’ennesima volta rinunciano a costruire progetti sportivamente vincenti e si accontentano di monetizzare gli investimenti a pioggia degli anni scorsi. La pioggia di milioni di euro in arrivo non servirà a trattenere Patore, Hamsik, Sanchez e Inler. Non ha convinto la Lazio a tenere Lichsteiner o la Fiorentina a smantellare la squadra lasciando partire gratis quasi tutti i migliori e mettendo sul mercato gli altri. Molti di questi talenti finiranno all’estero perché, nel contempo, le grandi non hanno più budget competitivi e la nuova suddivisione le penalizza ulteriormente. Nessuna delle società di secondo livello si sta attrezzando per fare almeno un po’ di strada in Europa e siamo certi che da settembre ci verrà spiegato con dovizia di particolari che l’Europa League rappresenta solo un problema per rose che non sono state rinforzate e che hanno perso i loro pezzi pregiati. Allora tornano in mente le parole di Andrea Agnelli che criticava non tanto la ripartizione più equilibrata dei ricavi da diritti tv, quanto l’assoluta mancanza di volontà di questi presidenti di assumersi il ‘rischio d’impresa’ di investire per vincere e non solo per piazzarsi bene. Non è necessario svenarsi, ma la legge Melandri ha un senso solo se le decine di milioni lasciate sul piatto da Inter, Juventus e Milan servono al Napoli per trattenere Hamsik e tentare il salto di qualità o all’Udinese per provare a correre per lo scudetto. Altrimenti restituiteci la contrattazione singola e i nostri mecenati siano lasciati in condizione di competere con le grandi d’Europa.

Giovanni Capuano

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