mercoledì 31 agosto 2011

L'ossessione della 'manita' e la noia da Torneo dell'Amicizia


A costo di deludere la maggioranza non ce la sentiamo di unirci al coro di chi, guardando le partite del fine settimana in Spagna, ha provato invidia per lo spettacolo. Vi sono piaciute davvero la passeggiata del Barcellona su quella che dovrebbe essere la terza forza della Liga e la sestina del Real? A noi no e ci è suonato un campanello d’allarme di fronte alla prospettiva di week end di goleade che annoiavano anche ai tempi del Torneo dell’Amicizia all’oratorio. Siamo, però, rassegnati. Almeno in Spagna non c’è speranza di salvarsi. E’ così da quasi un lustro e sarà così anche per gli anni a venire se nessuno interverrà per cercare di colmare il divario tra i due giganti e il resto della pattuglia. Per dare un’idea dei brividi che sa regalare la Liga basti ricordare che Barcellona e Real si sono spartiti 7 degli ultimi 8 campionati e che l’hanno fatto lasciando a distacchi abissali i terzi incomodi: -22 la distanza media tra prima e terza e -29 quella con la prima esclusa dalla zona Champions. Avendo qualche euro da scommettere punteremmo tutto sull’accoppiata, investimento poco redditizio ma sicuramente più garantito di qualunque bond in circolazione. Anche perché, tolta la guerra dei ‘clasicos’, il resto assomiglia a una lunga discesa.

Nelle ultime due stagioni Barcellona e Real hanno vinto in media un terzo delle partite giocate con almeno 3 gol di scarto. Un’enormità in un torneo che – mostri a parte – per il resto è allineato sulle medie del resto d’Europa dove il successo largo è un evento che si realizza con percentuali di gran lunga inferiori: 17% in Spagna, 12,5% in Inghilterra, 15,5% in Germania e 9% in Italia e dove anche le big passeggiano con meno frequenza sul resto dei concorrenti. Il week end scoppiettante dei due Manchester, ad esempio, è una rarità nella Premier League dove lo United e il Chelsea (le dominatrici degli ultimi due campionati) hanno vinto largo solo il 18% delle partite giocate. In Bundesliga la media scende al 14,7% e anche il Bayern Monaco si ferma a una su quattro. Da noi neanche l’Inter dei record di Mancini del torneo post-Calciopoli si è avvicinata ai numeri spagnoli: vinse di goleada solo 4 partite su 38 e negli ultimi due campionati le duellanti per il titolo si sono fermate all’11,8%.

Qual è il modello migliore? Vista la crisi che sta attraversando il calcio spagnolo e di cui abbiamo avuto modo di scrivere in questi mesi (http://calcinfaccia.blogspot.com/2011/08/la-crisi-che-avanza-e-le-maglie-senza.html sulla fuga degli sponsor e http://calcinfaccia.blogspot.com/2011/06/se-anche-lo-sport-spagnolo-entra-in.html sulle difficoltà di tutto lo sport a Madrid e dintorni) ci sentiremmo di escludere che il modello da imitare sia proprio quello. Non a caso la Liga sta copiando il peggio dagli altri in tema di invadenza delle televisioni e si sta rintanando in un eterno e ripetitivo ‘clasico’ per regalarsi una dose di adrenalina.

Cercando un metro di paragone si scopre che la Champions League nell’ultimo decennio ha viaggiato su numeri più ‘italiani’ che ‘spagnoli’. Prendendo in considerazione le edizioni dal 2001 al 2011 solo 197 delle 1314 partite delle fasi a girone o ad eliminazione diretta si sono chiuse con tre o più gol di scarto: il 15%. Certamente una parte importante del suo fascino e di conseguenza della sua ricchezza dipendono anche dall’estrema incertezza sull’esito della competizione; nello stesso arco temporale hanno sollevato la coppa ben 7 squadre diverse e giocato la finale 13 formazioni espressione di sei campionati differenti. Attenzione, però, perché anche in Europa il campanello d’allarme è suonato. L’ultima Champions vinta dal Barcellona è stata di gran lunga quella meno equilibrata: 30 partite su 125 chiuse in goleada (24%), addirittura una dozzina con quattro o più gol di scarto. Merito (o colpa) della rivoluzione voluta da Platini che ha riportato nel tabellone principale realtà di secondo livello estromettendo la borghesia dei campionati maggiori. Però la tendenza è da tenere sotto osservazione se, come il mercato ha confermato, anche in epoca di fair play finanziario a spendere sono sempre i soliti e si sta allargando la platea di quelli obbligati a fare cassa e impoverirsi. Se, insomma, la differenza tra la prima della Liga e la terza in Italia (Napoli) è quella fotografata dalla ‘manita’ del Gamper non è detto che sia una buona notizia per il calcio europeo.

Giovanni Capuano

2 commenti:

  1. sig. capuano, il modello migliore, secondo me, è quello dove gli stadi sono sempre pieni. evidentemente gli spagnoli, gli inglesi, i tedeschi, i francesi sono talmente sportivi da non preoccuparsi più di tanto se la loro squadra ne prende 5 in una partita. piuttosto manderei una copia della sua bella analisi ad allegri che ha dichiarato di temere un attimino solo il barca. per il resto pensa di essere lui il più forte (dichiarazione ad uso interno di reality show).

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  2. Anche noi negli anni Novanta ritenevamo di produrre il modello migliore di calcio. Delle famose 'sette sorelle' oggi però ne sono rimaste due e mezzo e il punto di partenza dell'analisi sulla nostra crisi è proprio l'incapacità progettuale dei tempi in cui i soldi non erano un problema.
    Quello che penso è che oggi il calcio spagnolo (e lo sport in generale) stiano vivendo in una bolla destinata a sgonfiarsi velocemente. I primi segnali ci sono. Ne ho scritto e la invito a leggere i post dedicati. Credo che alla lunga la mancanza di equilibrio e competizione sia un limite che danneggerà la Liga.
    Saluti

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